Alfie: il “gladiatore della tenerezza” che ha fatto alzare in piedi un popolo

Alfie: il “gladiatore della tenerezza” che fatto alzare in piedi un popolo

Sul web è nato un popolo della vita. In particolare attraverso i social network, l’Alfie’s Army, l’esercito virtuale di sostenitori della famiglia Evans, ha compiuto una massiccia opera di controinformazione, supplendo alla preoccupante indifferenza e ostilità dei media ufficiali. Centinaia di migliaia di persone, in tutta Europa (in particolare in Italia e in Polonia) hanno pregato, appoggiato moralmente i genitori di Alfie, fatto mailbombing stimolando le istituzioni. Particolarmente toccanti le mamme che hanno seguito minuto per minuto per quasi un mese l’intera vicenda, piangendo per Alfie come fosse un figlio loro, per non parlare dei bambini che lo hanno “adottato” come un fratellino, dedicandogli disegni tenerissimi e immaginandolo poi in Cielo a giocare con Charlie. Il sacrificio di Charlie e di Alfie ha risvegliato la fede in molti e intorno a questi sfortunati bimbi sono germogliate vere e proprie conversioni. Il “diritto alla vita” è stato difeso non come principio astratto ma concretamente, in nome di una persona fragile, in carne ed ossa, con un volto, un nome e un cognome. Si è compiuta una vera “rivoluzione della tenerezza”, in cui i “cuori di carne” della gente semplice hanno affrontato a viso aperto i “cuori di pietra” del potere, della burocrazia e dei tribunali.

Un popolo appassionato, a volte acceso nei toni – come capita quando si calpesta la dignità dei più piccoli – ma generoso e, soprattutto, disinteressato. “Chi salva una vita, salva il mondo il intero”, si legge nel Talmud. Nel caso di Alfie, quanti si può dire che si siano mobilitati per un tornaconto personale o per pure motivazioni ideologiche? Riteniamo quantomeno assurde le accuse di “strumentalizzazione”, spesso incredibilmente provenienti da ambito “cattolico” o pro life, da persone che, nell’illusione di esternare un pensiero ‘fuori dal coro’, si sono – in buona o in cattiva fede – allineate all’egemonia del politicamente corretto, finendo per “guardare il dito, invece della luna”. Al di fuori di una sparuta minoranza di livorosi e di haters di papa Francesco (che a loro avviso avrebbe dovuto esprimersi in modo più vigoroso sulla vicenda), non è fuori luogo affermare che l’“esercito di Alfie” rappresenta il volto migliore dell’Italia (in particolare con la concessione della nazionalità al bambino, il nostro paese si è encomiabilmente speso più di tutti e, per una volta, i nostri connazionali si sono sentiti fieri della loro identità) e dell’Europa: è solo da questo popolo che si potrà ripartire per ricostruire una vera civiltà.

La battaglia per Alfie non finisce con la sua morte. In conclusione, c’è da augurarsi che, al di fuori della retorica e dei comprensibili contraccolpi emotivi, il caso del piccolo Evans non venga dimenticato ma che la sua memoria venga coltivata come un tesoro prezioso e possa costituire il segno di un’inversione di tendenza a favore della cultura della vita. Su un piano più concreto, non va abbandonata la speranza che per Alfie Evans si faccia presto giustizia, che l’Italia possa farsi valere in sede legale per la morte iniqua e crudele di un suo connazionale, che il corpicino del bimbo sia restituito ai genitori, e che si faccia chiarezza sui reali scopi dell’Alder Hey, in particolare se esista un nesso tra il caso di Alfie e gli scandali sugli espianti non autorizzati di organi che, alcuni anni fa, hanno coinvolto l’ospedale britannico.