Cremazione dei defunti: perché la Chiesa dice “nì”

Cremazione dei defunti: perché la Chiesa dice “nì”

Non molti anni fa, del resto, la Congregazione della Dottrina della Fede, ha pubblicato l’istruzione Ad resurgendum cum Christo – Circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione (2016), in cui viene ribadito il principio di sempre: la cremazione non è “di per sé contraria alla religione cristiana”, né vanno negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare, a condizione che tale scelta non sia voluta “come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa”. Ciò non esclude che la Chiesa continui a raccomandare “insistentemente” che “i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro”, secondo quella che è la sua tradizione bimillenaria, in quanto “l’inumazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale”.

Si legge, inoltre, nella Ad resurgendum cum Christo: “Seppellendo i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne, e intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia. Non può permettere, quindi, atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l’annullamento definitivo della persona, sia come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l’universo, sia come una tappa nel processo della re-incarnazione, sia come la liberazione definitiva della “prigione” del corpo”.

La Chiesa non scorge “ragioni dottrinali” per impedire la prassi della cremazione, nel caso in cui essa praticata per motivi “di tipo igienico, economico o sociale” e non sia “contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del fedele defunto”. A condizione che le ceneri del defunto siano “conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica”. Niente conservazione dell’urna in casa (salvo “circostanze gravi e occasionali”), dunque, né, tantomeno alcuno spargimento delle ceneri “nell’aria, in terra o in acqua”, onde evitare “ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista”. Meno che mai, la Chiesa potrà ammettere “la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione”.

L’inumazione delle spoglie o la conservazione delle ceneri in un luogo sacro, al contrario, “può contribuire a ridurre il rischio di sottrarre i defunti alla preghiera e al ricordo dei parenti e della comunità cristiana. In tal modo, inoltre, si evita la possibilità di dimenticanze e mancanze di rispetto, che possono avvenire soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti o superstiziose”, ricorda infine la Congregazione per la Dottrina della Fede.