Frossard, Pauwels, Lustiger: tre grandi conversioni nella Parigi del secolo scorso

Frossard, Pauwels, Lustiger: tre grandi conversioni nella Parigi del secolo scorso

Un altro illustre convertito parigino è Louis Pauwels (1920-1997), un passato nell’estrema destra esoterica e pagana. Fondatore e direttore del Figaro Magazine, vasta cultura e intelletto sopraffino, per gran parte della sua vita, Pauwels fu affascinato dalla filosofia greco-romana, stoica ed epicurea in particolare, dall’induismo, dall’antica cultura celtica. Soltanto il cristianesimo gli era estraneo. “Nella fede – confidò Pauwels a Vittorio Messori – quel che è semplice è giusto; quel che è complicato è falso. Mi è stato dato di capirlo in un attimo, sul bordo di quella piscina sudamericana”. L’allusione è al drammatico incidente in cui il giornalista e scrittore incorse a margine di un convegno in America Latina, quando cadde e si fratturò una gamba, senza poter essere soccorso da nessuno per parecchi minuti. “Ero solo, tutti erano rientrati in albergo per il pranzo. Mentre piombavo a terra, sentivo che non stavo cadendo casualmente: avvertii con chiarezza che Qualcuno mi aveva spinto. E lo aveva fatto per dirmi qualcosa”. Abbandonato sul cemento a bordo di quella piscina, in preda a un dolore lancinante, Pauwels si sentì pervaso da una paradossale “immensa, inesplicabile gioia”. Quando poi, finalmente, fu portato via in barella, “il corpo era piagato ma l’anima esultava. Era come se la nascita di Cristo avvenisse per me, in quel momento stesso. Era il mio Natale. […] Per la prima volta in vita mia conoscevo la gioia”.

Il terzo grande convertito è Jean-Marie Lustiger (1926-2007). Come il suo conterraneo Alphonse de Ratisbonne, in origine era di religione ebraica. Al pari del futuro santo John Henry Newman (in precedenza pastore anglicano), Lustiger è probabilmente l’unico convertito da un’altra chiesa o religione ad essere diventato cardinale. Nato a Parigi da genitori ebrei polacchi, Aaron Lustiger si fece battezzare a 14 anni con il nome di Jean-Marie nei drammatici giorni dell’occupazione nazista della Francia. In precedenza, il giovane aveva letto, senza pregiudizi, un’intera Bibbia protestante, che la famiglia conservava in casa tra i ‘libri proibiti’. “Nella Scrittura, tutto mi ha sorpreso, nulla mi ha urtato. E da allora, ho cominciato a riflettere”, dichiarò Lustiger. Quando a Parigi iniziò a dilagare la persecuzione anti-ebraica, i genitori lo fecero rifugiare presso una famiglia cattolica a Orleans. Fu in quelle circostanze che Lustiger spostò la sua riflessione “sulla figura del Cristo come Messia d’Israele e figura sofferente del popolo ebraico”. Sfidando le ire dei familiari, il ragazzo diventò cristiano e li sorprese, dicendo: “Non vi lascio nel campo nemico. Divento ciò che sono. Non cesso di essere ebreo. Al contrario: scopro il modo per esserlo pienamente”. Dopo aver perduto la madre deportata ad Auschwitz, Lustiger entrò in seminario nel 1946 e fu ordinato sacerdote nel 1954.

Nel corso della sua vita pastorale, che lo portò alla consacrazione episcopale nel 1979, poi al cardinalato nel 1983, dopo essere stato nominato arcivescovo di Parigi, Lustiger maturò la consapevolezza che la sua terra non era più semplicemente secolarizzata ma era diventata una terra da rievangelizzare da zero. Preoccupato dal clericalismo e dal secolarismo che avanzava anche dentro la Chiesa, il cardinale Lustiger intravide la chiave di volta nel ritorno a una “specificità cristiana” pienamente vissuta, senza perdere il contatto con la cultura scristianizzata maggioritaria. “Se sapremo vivere questa identità e, insieme, questo aggancio, credo che potremo vivere l’alba di una nuova evangelizzazione”, spiegava Lustiger a Messori, già nei primi anni ’80. Non si trattava di sottrarre anime all’ateismo, per proporre il cristianesimo come un prodotto più ‘accattivante’, neanche fosse una bieca operazione di marketing. Bisognava, piuttosto, “ricorrere a tutta la potenza di redenzione del Cristo in questa società che sta per morire, nonostante il tragico maquillage festoso e festante”, sosteneva il porporato parigino. Parole che, dopo più di trent’anni, sono più attuali che mai.
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Per approfondimenti: Vittorio Messori, Inchiesta sul cristianesimo, Oscar Mondadori, 2003, pp.141-161