Giornata per la Vita: 40 anni gioiosi e “controcorrente”

Giornata per la Vita: 40 anni gioiosi e “controcorrente”

La cultura della vita trionfa anche quando un datore di lavoro retribuisce in modo equo i suoi dipendenti, assicurando un’esistenza dignitosa per le loro famiglie. La cultura della vita trionfa quando ogni cittadino si sforza di salvaguardare la “Casa comune”, tutelando così la salute dell’ecosistema e degli esseri umani. La cultura della vita trionfa quando migliaia di migranti incontrano il destino benevolo dell’accoglienza (quella vera, non quella retorica ed astratta di una certa cultura immigrazionista), trovano un lavoro nel paese di arrivo e vengono sottratti ai naufragi sui barconi nel Mediterraneo, agli scafisti senza scrupoli, al caporalato, alle nuove schiavitù, alla criminalità, al terrorismo, alla ghettizzazione e all’emarginazione.

Tema della 40° Giornata della Vita, che si celebra domani, domenica 4 febbraio, è Il Vangelo della vita, gioia per il mondo. I vescovi italiani hanno così voluto assimilare concretamente il messaggio della Amoris laetitia di papa Francesco, mediato dai principi della precedente esortazione apostolica, Evangelii gaudium. Gioia, amore e vita sono tre realtà che procedono di pari passo e ognuna di esse è, al contempo, causa e conseguenza delle altre. “I segni di una cultura chiusa all’incontro, avverte il Santo Padre, gridano nella ricerca esasperata di interessi personali o di parte, nelle aggressioni contro le donne, nell’indifferenza verso i poveri e i migranti, nelle violenze contro la vita dei bambini sin dal concepimento e degli anziani segnati da un’estrema fragilità”, si legge nel messaggio della CEI per la Giornata della Vita 2018.

I drammi dell’aborto e dell’eutanasia si vincono, quando la comunità sa farsi “samaritana”, chinandosi sulle piaghe dell’umanità “lacerata, ferita, scoraggiata”. Il vero carburante in grado di mettere in moto questo cambiamento è la “buona notizia” cristiana, l’unica davvero in gradi di “vincere la cultura della tristezza e dell’individualismo, che mina le basi di ogni relazione”, scrivono i vescovi. È solo nella riscoperta della gioia della prossimità e della relazione che rinasce una cultura della vita per un paese che – giova ricordarlo – ha bisogno di tornare a far figli, non solo per rilanciare il proprio sviluppo economico ma, in particolare, per vincere quell’egoismo collettivo dal quale non potranno mai sorgere cose grandi.