Il triste equivoco di un Cristo “su misura”

Il triste equivoco di un Cristo “su misura”

L’esempio è fin troppo scontato: accetto la morale cattolica nel suo complesso ma, se ci sono in questione il sesso prematrimoniale o la contraccezione, risponderò soltanto alla mia coscienza. Meno scontato ma altrettanto pregnante è l’atteggiamento di molti cristiani con il denaro: se da un lato taluni pensano, un po’ ingenuamente, che la massima espressione dell’etica cristiana sia elargire l’elemosina al maggior numero possibile di poveri, molti altri sostengono che, in fondo, la condivisione dei propri beni materiali sia un optional; alcuni di loro, addirittura, se sono datori di lavoro o imprenditori, ritengono assolutamente normale poter sottopagare i propri dipendenti, tenerli in una condizione di precariato perenne o licenziarli senza giusta causa.

Per non parlare delle interpretazioni ipersoggettive che molti danno all’identità di Gesù Cristo: un figlio dei fiori ante litteram o, magari, un pacifista, un femminista o, addirittura, un vegano. A questi stereotipi liberal del Cristo ridanciano, buonista e ‘mollaccione’, si contrappongono, in misura minore ma non inconsistente, gli idolatri del Cristo muscolare, che rovescia i tavoli nel Tempio e prende a nerbate i mercanti (cfr Mt 21,12-17; Mc 11,15-19; Lc 19,45-48): anche questa immagine, pur richiamandosi a un episodio vero ed evangelicamente canonico, risulta oltremodo riduzionista e non può certo pretendere di sintetizzare la personalità di Gesù, confinandolo, invece, in uno stereotipo in antitesi con i miti progressisti pocanzi accennati.

Nell’intimo della propria coscienza, a volte in modo inconsapevole, molti cristiani (tra loro anche preti e vescovi!) si costruiscono il loro Gesù su misura e il loro Vangelo à la carte, utili per le proprie battaglie ideologiche o per le proprie comodità personali (in certi casi per entrambe le cose). Senza arrivare all’estremo dei casi scandalosi, menzionati a inizio articolo, chiunque di noi può cadere nell’equivoco di un cristianesimo che, invece di rinnovare e purificare l’anima, si limita a rassicurarci rispetto alle nostre certezze e, al tempo stesso, ci allontana dalla verità profonda e sconvolgente del Dio fattosi uomo e sacrificato per la nostra redenzione. Non tutti comprendono al volo che Dio è sempre infinitamente superiore alle nostre idee, giuste o sbagliate che siano. Si tende ad isolare un singolo aspetto o un numero limitato di aspetti, pur leciti ed encomiabili, della morale o dello stile di vita cristiani e si pretende di assolutizzarli, trascurando tutti gli altri. Pur essendo quest’ultima un’inclinazione piuttosto comune, dovuta alla naturale finitezza umana, l’atteggiamento corretto dovrebbe essere la tensione verso la perfezione che Gesù stesso sollecita a seguire (cfr Mt 5,48), altrimenti il nostro sarà un cristianesimo ‘borghese’, autocompiaciuto e privo di spina dorsale. Un cristianesimo privo di quel combattimento spirituale e di quel constante esercizio di umiltà dinnanzi alla grandezza di Dio, unici mezzi in grado di fare grandi anche noi.