Lo scorso 13 ottobre si è svolto a Roma l’inizio del tour di Luka Hein organizzato da Pro Vita & Famiglia onlus per poi proseguire a Catania, Palermo, Brescia, Firenze. Il 24 ottobre sarà a Rimini e il 26 ottobre ad Assisi. Purtroppo Pro Vita e Famiglia riferisce che, durante la conferenza stampa di ieri a Firenze, il suo staff, Luka e i partecipanti sono stati costretti ad andare via da un’uscita secondaria a causa di una contro-manifestazione di diversi collettivi. Questo dimostra che la testimonianza di questi giorni contro il mainstreaming dell’ideologia gender è molto importante.
Luka è una ragazza detransitioner americana di 22 anni che viene dal Nebraska.Durante la sua adolescenza visse un periodo di fragilità anche a causa della separazione dei suoi genitori. Non si sentiva a proprio agio nel suo corpo e cominciò a fare ricerche sui social media per provare a trovare conforto e una risposta alle sue domande, fu così incoraggiata a risolvere il suo problema con la transizione di genere poiché alcuni dei suoi coetanei sulla rete sembravano avere trovato così, a loro dire, la loro vera identità. Quando a 14 anni andò a trovare i medici, essi le confermarono che, visto che si sentiva nel corpo sbagliato, avrebbe dovuto cambiare sesso; arrivarono alla conclusione della disforia di genere senza fare alcuna indagine approfondita sulle reali cause del suo specifico malessere. Questo è il cosiddetto “approccio affermativo” che Luka denuncia. I genitori furono convinti dai medici di acconsentire alla transizione di genere poiché secondo loro se Luka non avesse cambiato sesso avrebbe rischiato di suicidarsi. Ovviamente era falso e Luka non pensò mai al suicidio. Spinta a cambiare sesso fece a 16 anni una doppia mastectomia e iniziò ad assumere testosterone. Come Luka ripete spesso: “Far credere a un bambino o un ragazzo che si può nascere in un corpo sbagliato è profondamente CRUDELE”. Dice che si è reso conto dopo che “I momenti difficili passano. Esistono, bisogna lottare per superarli, ma poi passano”. Ma all’epoca nessuno le aveva detto tali parole e Luka avrebbe voluto avere allora qualcuno vicino che le dicesse di essere amata come era e che tutte le angosce sarebbero passate, che la sua felicità non dipendeva dal cambiare sesso. Lo capì più tardi, iniziò allora a smettere di prendere il testosterone e poi un giorno chiamò sua madre per chiedere aiuto, ricorda che fu il momento più difficile della sua vita.
Oggi Luka ha 22 anni e con coraggio testimonia i danni irreversibile sul suo corpo e invita i giovani ad essere attenti a non cadere come lei nella trappola di un’ ideologia di genere su larga scala. Si può parlare a riguardo di un vero mainstreaming (appoggiato in diversi ambiti da certi media, medici, scuole, associazioni). Esiste tuttora un movimento di detransitioner poiché sempre più giovani si rendono conto dell’inganno in cui sono caduti e come Luka hanno deciso di parlarne e mettere il più possibile le persone in guardia. Il 13 ottobre scorso, durante la prima conferenza, Riccardo Cendamo, sacerdote della Diocesi di Roma, si soffermò su una riflessione particolare che vi riassumo di seguito. Disse che spesso davanti alla sofferenza molte persone vogliono dare delle risposte. Tuttavia è importante lasciare spazio alle domande e alla sofferenza dell’altro senza volere subito dare soluzioni. Sì questa si chiama empatia e tutti noi dovremmo certamente amare e accudire di più il nostro prossimo nelle sue fragilità, soprattutto gli adolescenti che, come sappiamo, vivono una fase di sviluppo particolarmente delicata a livello psicofisico e potrebbero essere a volte facilmente manipolabili.