La cannabis? Non sarà mai “light”… Una risposta a Saviano

La cannabis? Non sarà mai “light”… Una risposta a Saviano

Inoltre, secondo il professor Pennetta, “la cannabis legale avrebbe costi di produzione più alti per via dell’obbligo del rispetto delle norme sanitarie e per l’onere della tassazione, la cannabis illegale resterebbe quindi più economica, oltre che a più alto contenuto di principio attivo, e le mafie continuerebbero a guadagnare”.

I dati sull’abuso di droghe in Italia sono particolarmente allarmanti: nell’arco di soli due anni (2015-2017), il loro consumo è aumentato del 39%, quadruplicando tra i minori. Il nostro paese è tristemente al secondo posto dopo la Francia per consumo di cannabis nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni (il 20,7% l’ha fumata almeno una volta), mentre è al quarto posto per il consumo di cocaina (6,8%) sempre tra gli under 35. Il 30% dei detenuti in Italia sono finiti in carcere per possesso o spaccio di stupefacenti.

A livello mondiale, secondo il World Drug Report 2017 dell’UNODC, emerge che, nel 2015, circa 250 milioni di persone nel mondo hanno fatto uso di droghe e di questi 29,5 milioni soffrono di disturbi provocati dal loro consumo. In particolare, tra i 12 milioni di persone che usano droghe iniettabili, più della metà (6,1 milioni) sono affetti da epatite C, mentre 1,3 milioni convivono sia con l’Epatite C che con il virus hiv/aids.

Questi ultimi dati sono stati citati dal cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, nel suo messaggio in occasione della Giornata Internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droghe (26 giugno 2018). “Il dramma lacerante della droga è un male che minaccia la dignità e la libertà di agire di ogni persona e spezza progressivamente l’immagine che il Creatore ha plasmato in noi – scrive il porporato –. Questa piaga va condannata fermamente perché alimentata da uomini senza scrupoli, che, cedendo alla tentazione di facili guadagni, seminano morte stroncando speranze e distruggendo tante famiglie”.

Nessuna distinzione tra droghe ‘leggere’ e ‘pesanti’ da parte del capodicastero vaticano che rincara la dose: “La droga è una ferita inferta alla nostra società, che intrappola molte persone in una spirale di sofferenza e alienazione. Molti sono i fattori che spingono verso la dipendenza dalla droga quali l’esclusione sociale, l’assenza della famiglia, la pressione sociale, la propaganda dei trafficanti, il desiderio di vivere nuove esperienze”. Una piaga per la quale il cardinale Turkson indica come antidoto “una cultura della solidarietà e della sussidiarietà volta al bene comune; una cultura che si opponga agli egoismi e alle logiche utilitariste ed economiche”.

E papa Francesco? Nemmeno il Santo Padre è mai stato tenero con il consumo e traffico di stupefacenti. “Vorrei dire con molta chiarezza: la droga non si vince con la droga! La droga è un male, e con il male non ci possono essere cedimenti o compromessi”, dichiarò il 20 giugno 2014, ricevendo in Vaticano i partecipanti alla XXXI edizione dell’International Drug Enforcement Conference. “Le legalizzazioni delle cosiddette ‘droghe leggere’, anche parziali – disse in quell’occasione il Pontefice – oltre ad essere quanto meno discutibili sul piano legislativo, non producono gli effetti che si erano prefisse. Le droghe sostitutive, poi, non sono una terapia sufficiente, ma un modo velato di arrendersi al fenomeno”. E ribadì quanto già detto altre volte: “No ad ogni tipo di droga”.

Il pensiero sulla droga di papa Francesco è quello che la Chiesa ha sempre avuto in merito. Non è mai cambiato, né mai cambierà. Saviano e gli antiproibizionisti di ogni rango se ne faranno una ragione.