La libertà d’opinione è in pericolo?
I pericoli per la libertà di opinione si esauriscono qui? Purtroppo no. Un ulteriore, molto discutibile, iniziativa arriva dall’Unione Europea che, attraverso il progetto Preventing Radicalisation to Terrorism and Violent Extremism, intende contrastare “gli estremismi violenti, i terroristi e i rei per crimini d’odio” e ne individua le matrici principali nel “fondamentalismo religioso, sia musulmano, sia cristiano”. Premesso che resta da capire quali e quanti siano stati, negli ultimi settant’anni, gli atti d’odio compiuti da cristiani in Europa, il meccanismo è identico a quello della Commissione Segre: a fronte di un problema che potrebbe essere affrontato facendo leva sulle leggi già esistenti, si tende a ideologizzare il dibattito e a porre sullo stesso piano tradizioni religiose molto diverse. Non esistendo nella cronaca recente episodi in cui si sia realmente concretizzato alcun “fondamentalismo cristiano”, si determina preventivamente un nemico da combattere, senza definirne in modo preciso e credibile le identità e le caratteristiche. Cosicché, in linea di principio, si potrebbero persino vietare le missioni, le processioni o i rosari in pubblico, in quanto ferirebbero la sensibilità dei non cristiani. Per non parlare dei presepi o dei canti natalizi tradizionali.
Tornando allo scenario italiano, a completare il quadro ci pensano una serie di iniziative parlamentari e governative: tre ddl contro l’omotransfobia, che mirano a punire la discriminazione causata dell’“orientamento sessuale” e dell’“identità di genere” (ormai onnipresenti…); la proposta di istituzione di una commissione contro le fake news, altro concetto assai capzioso ed equivocabile; ultimo ma non ultimo, il “decreto salvaprecari” che rischia di dare un colpo di grazia alle già agonizzanti scuole paritarie, la maggior parte delle quali di ispirazione cattolica.
A fronte di queste minacce incombenti, non solo le reazioni nel mondo culturale e politico sono state piuttosto blande ma, duole dirlo, non si è udito il grido della Chiesa italiana. Le voci dei cattolici più consapevoli, liberi e informati non sono mancate ma risultano disperse nel mare magnum dei social o, nella migliore delle ipotesi, intrappolate nei soliti steccati ideologici. Nessun vescovo, nessun sacerdote o laico illustre ha avuto il coraggio o l’accortezza di denunciare la deriva autoritaria che, in modo molto sottile e subdolo, sta contaminando le comunicazioni sociali. Ciò rappresenta la sconfortante conferma dell’“irrilevanza” dei cattolici nel dibattito attuale. Un dato particolarmente allarmante, se si tiene conto che, tra tutte le libertà, a essere particolarmente minacciata è proprio la libertà religiosa.