La luce dell’Est: perché il dialogo catto-ortodosso può salvare l’umanità
Il documento congiunto firmato da Francesco e Kirill a L’Avana è un autentico manifesto per il cristianesimo del futuro. Nel mezzo di un “cambiamento epocale”, la Chiesa di Roma e la Chiesa di Mosca si ritrovano concordi per una “risposta comune” a una pluralità di sfide: la persecuzione anticristiana e le guerre in Medio Oriente; il “secolarismo tante volte assai aggressivo” che emargina i cristiani nella vecchia Europa; il dramma dei rifugiati; l’ingiusta distribuzione delle risorse nel mondo; la famiglia e la vita, minacciate da ideologie post-umane. Cattolici e ortodossi non più “concorrenti”, dunque, ma “fratelli” in nome di Gesù Cristo e della Vergine Maria.
Il cammino per il ritorno degli ortodossi alla piena comunione sotto il successore di Pietro si prospetta lungo, non tanto per ragioni dottrinali (l’unico motivo dirimente è proprio il riconoscimento del primato del Vescovo di Roma), quanto per motivi storico-politici. Il riavvicinamento strategico tra le due chiese, tuttavia, è già una realtà e si colora di tante connotazioni non solo simboliche. In primo luogo dagli ortodossi, possiamo prendere molte lezioni: la loro maggiore resistenza ai vari processi di secolarizzazione, l’attenzione alla liturgia, il valore attribuito alle icone e alle immagini religiose, l’approccio ascetico, dove il silenzio inteso come dialogo con Dio ha una sua importanza centrale.
Cattolici e ortodossi sono inoltre accomunati dall’“ecumenismo del sangue”, che segna in modo indelebile il loro recente passato e il loro presente. Ieri nell’Europa orientale, sotto il comunismo, oggi in Medio Oriente sotto il fondamentalismo islamico, entrambe le chiese hanno patito e patiscono le più vaste e spaventose persecuzioni anticristiane dell’era moderna: il sangue dei nuovi martiri potrà rafforzarle sia al loro interno che nelle loro relazioni ecumeniche.
Un cristianesimo compatto e armonico, da Lisbona a Vladivostok, passando per Gerusalemme e Il Cairo, diventa un robusto baluardo contro il laicismo, il terrorismo e contro le guerre in tutte le loro forme, rendendo più costruttivo il dialogo con l’ebraismo e l’islam, nonché con i colossi dell’Estremo Oriente: la Cina, dove i diritti umani e la libertà religiosa sono ancora violati, ieri in nome del comunismo, oggi del capitalismo; il Giappone, paese democratico ma segnato da uno strutturale ateismo; la Corea, unico paese del mondo “autoevangelizzatosi”, dove il cristianesimo è in crescita, in bilico tra le minacce nucleari di Pyongyang e le prospettive di pace e riunificazione tra Nord e Sud, rese meno utopiche dopo il recente accordo in vista delle Olimpiadi invernali.
Tutte ragioni che ci spingono a dedicare un tempo speciale alla Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, che stiamo vivendo in questi giorni. Un’unità che rinasce innanzitutto con il cuore e lo sguardo rivolti a Oriente. [Luca Marcolivio]