Nuovi cardinali: una Chiesa sempre più “gesuita” e missionaria
Un solo italiano, tre gesuiti, un salesiano, un cappuccino. E una tendenza largamente confermata: il collegio cardinalizio è di marca sempre più cosmopolita e rafforza il peso delle ‘periferie’. Il concistoro annunciato domenica scorsa in vista del prossimo 5 ottobre, è per molti versi storico: papa Francesco ha ormai quasi raggiunto Benedetto XVI per numero di nomine cardinalizie (88 e 90 rispettivamente), peraltro effettuate in un arco di tempo più breve (sei anni e mezzo Bergoglio, poco meno di otto anni Ratzinger). Inoltre, la composizione del concistoro diventa ‘a maggioranza bergogliana’, essendo ormai 67 su 128 (che scenderanno a 120 entro il 2020, poiché otto di loro compiranno gli ottant’anni) i cardinali elettori creati dal Pontefice regnante.
Andiamo ora a vedere nel dettaglio, i profili dei nuovi porporati. In lieve controtendenza con i concistori precedenti, stavolta prevalgono di misura le nomine di prelati europei: va, però, ricordato che tre di loro sono uomini della Curia Vaticana. Oltre al presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, monsignor Miguel Ángel Ayuso Guixot (la cui carica curiale è per tradizione cardinalizia), tra un mese riceverà la porpora anche monsignor Michael Czerny, sottosegretario della Sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: è assolutamente irrituale che il Papa faccia cardinale il numero due o il numero tre (come in questo caso) di qualche dicastero. Nel caso di padre Czerny, la nomina cardinalizia è segno di una consolidata attenzione al tema dei migranti e dei rifugiati, che pure è stato costantemente in primo piano nel corso di tutto il pontificato. Va anche tenuto conto, tuttavia, che monsignor Czerny ha assunto l’incarico di segretario speciale del Sinodo sulla regione panamazzonica, in programma dal 6 al 27 ottobre, che si prospetta come uno spartiacque epocale per la pastorale di quest’area geografica e non solo.
Oltre a Czerny, il prossimo 5 ottobre, riceveranno la berretta rossa altri due gesuiti: monsignor Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea, e monsignor Sigitas Tamkevičius, ottantenne arcivescovo emerito di Kaunas. Con la nomina di Hollerich, Bergoglio rinnova il suo sostegno al progetto di integrazione europea, nel suo momento storico più difficile, segnato dalle spinte centrifughe del sovranismo. La nomina dell’ex presidente della Conferenza Episcopale Lituana, finito ai lavori forzati durante il comunismo, è invece il segno dell’attenzione del papa argentino all’“Europa dai due polmoni”, in cui le tradizioni occidentali e orientali, latine e slave si integrano e si armonizzano, preparando il terreno all’ecumenismo catto-ortodosso. Con queste tre nomine, inoltre, Bergoglio ribadisce il legame profondo con la sua congregazione originaria, la Compagnia di Gesù, e la sintonia reciproca tra il Successore di Pietro e il successore di Ignazio, ovvero il preposito generale dei Gesuiti, padre Arturo Sosa Abascal.