È l’ora di metterci in viaggio di ritorno. C’è anche nella tua e nella mia vita quel paese d’Egitto, da cui sei chiamato a muovere i passi verso… sì, verso dove? Verso il luogo della piena libertà, luogo che sembra spesso inaccessibile e irraggiungibile, ma verso il quale, durante i quaranta giorni che si aprono davanti a noi, va indirizzato il desiderio del nostro cuore. Questi gli stimoli principali con cui il Papa ci chiama a vivere la Quaresima di quest’anno, nell’omelia della Santa Messa delle Ceneri, nella Basilica di San Pietro.
Il Santo Padre prende come punto di partenza della sua meditazione, le parole del profeta Gioele (2,12): «Ritornate a me con tutto il cuore». Ci propone così e ci ricorda che la conversione quaresimale ci chiede un’unificazione della nostra persona. Si ritorna infatti a Dio non soltanto per riprendere in mano qualche aspetto della nostra vita e riorientarlo a Lui, ma si ritorna con tutto il cuore, il ché significa tutta la nostra vita, tutto noi stessi. È il tempo per verificare le strade che stiamo percorrendo, per ritrovare la via che ci riporta a casa, per riscoprire il legame fondamentale con Dio, da cui tutto dipende.
Da qui le domande fondamentali da poterci porre in questo tempo: dove è orientato il mio cuore? Proviamo a chiederci: dove mi porta il navigatore della mia vita, verso Dio o verso il mio io? Vivo per piacere al Signore, o per essere notato, lodato, preferito, al primo posto e così via? Ho un cuore “ballerino”, che fa un passo avanti e uno indietro, ama un po’ il Signore e un po’ il mondo, oppure un cuore saldo in Dio?
Andare verso la piena libertà significa volerci dare delle risposte, che, certamente, ci faranno capire la fatica della strada da percorrere, la stessa fatica che ha vissuto e sperimentato sulla propria pelle il figliol prodigo. Come lui, cadiamo, ma è il perdono del Padre che ci rimette sempre in piedi: il perdono di Dio, la Confessione, è il primo passo del nostro viaggio di ritorno. Tutto questo per tornare alla casa paterna, quella che ci dona sicurezza.
Questo ritorno quaresimale, ci dice il Pontefice, è anche un ritorno a Gesù, il Figlio, il guaritore, sull’esempio del lebbroso che, uno tra tanti, decide di rendere grazie. Ci serve la guarigione di Gesù, serve mettergli davanti le nostre ferite e dirgli: “Gesù, sono qui davanti a Te, con il mio peccato, con le mie miserie. Tu sei il medico, Tu puoi liberarmi. Guarisci il mio cuore”.
Infine siamo chiamati a ritornare allo Spirito. La cenere sul capo ci ricorda che siamo polvere e in polvere torneremo. Ma su questa nostra polvere Dio ha soffiato il suo Spirito di vita. Allora non possiamo vivere inseguendo la polvere, andando dietro a cose che oggi ci sono e domani svaniscono. Torniamo allo Spirito, Datore di vita, torniamo al Fuoco che fa risorgere le nostre ceneri, a quel Fuoco che ci insegna ad amare.
Questo nostro ritorno alla Trinità, dobbiamo ricordarlo bene, presuppone la consapevolezza che da soli non possiamo nulla. E che, chi ci precede, è sempre Dio, nel suo movimento verso di noi. Il nostro viaggio, allora, è un lasciarci prendere per mano. Il Padre che ci chiama a tornare è Colui che esce di casa per venirci a cercare; il Signore che ci guarisce è Colui che si è lasciato ferire in croce; lo Spirito che ci fa cambiare vita è Colui che soffia con forza e dolcezza sulla nostra polvere.
Il collante di tutto ciò che il Papa Francesco ha voluto dirci oggi, è infine la coscienza che la salvezza non è una scalata per la gloria, ma un abbassamento per amore. È farci piccoli. In questo cammino, per non perdere la rotta, mettiamoci davanti alla croce di Gesù: è la cattedra silenziosa di Dio. Il ritorno dunque, come compito per questa Quaresima, sia un gettarsi tra le braccia del crocifisso sempre e sempre di nuovo, perché è il suo abbraccio, in fondo, il luogo della nostra vera libertà.