Continuando il ciclo delle catechesi sullo zelo apostolico del credente, il Santo Padre volge oggi il suo sguardo verso la storia dei popoli slavi, prendendo come esempio per tutti i credenti i santi Cirillo e Metodio, evangelizzatore dell’Europa centro-orientale.
Per contestualizzare la presenza storica di queste due figure, il Papa ci ricorda che essi provenienti da una famiglia aristocratica rinunciano alla carriera politica per dedicarsi alla vita monastica (…). Vengono inviati come missionari nella Grande Moravia, che all’epoca comprendeva vari popoli, già in parte evangelizzati, ma presso i quali sopravvivevano molti costumi e tradizioni pagani. Il loro principe chiedeva un maestro che spiegasse la fede cristiana nella loro lingua.
Come deve essere in ogni missione evangelizzatrice, il primo impegno di Cirillo e Metodio è dunque studiare a fondo la cultura di quei popoli. Uno dei primi obiettivi è avvicinare i popoli alla Bibbia attraverso la traduzione in una lingua per loro comprensibile. La gente sente che quella fede cristiana non è più “straniera”, ma diventa la loro fede, parlata nella lingua materna. Pensate: due monaci greci che danno un alfabeto agli Slavi. È questa apertura di cuore che ha radicato il Vangelo tra di loro. Non avevano paura questi due, erano coraggiosi.
Come nel corso di ogni opera buona, purtroppo c’è sempre il male che vuole insinuarsi e così iniziano i contrasti da parte di alcuni Latini, che si vedono sottrarre il monopolio della predicazione tra gli Slavi, quella lotta dentro la Chiesa, sempre così. In seguito al conflitto riguardante prevalentemente la lingua slava nella liturgia, presto muore Cirillo. Metodio, invece, viene ordinato vescovo e rimandato nei territori degli Slavi. Qui dovrà soffrire molto, sarà anche imprigionato, ma, fratelli e sorelle, noi sappiamo che la Parola di Dio non è incatenata e si diffonde tra quei popoli.
Il Santo Padre, guardando la storia di questa evangelizzazione, ci propone la riflessione su tre principi.
Il primo di loro è l’unità. Sottolinea infatti come a quel tempo c’era in Europa una cristianità non divisa, che collaborava per evangelizzare.
Un secondo aspetto importante è l’inculturazione, del quale ho detto qualcosa prima: evangelizzare la cultura e l’inculturazione fa vedere che l’evangelizzazione e cultura sono strettamente connesse.
Infine la libertà. Nella predicazione ci vuole libertà ma la libertà ha sempre bisogno del coraggio, una persona è libera quanto è più coraggiosa e non si lascia incatenare da tante cose che le tolgono la libertà.
Al termine della catechesi il Santo Padre invoca i due santi evangelizzatori affinché ci aiutino a essere strumenti di “libertà nella carità” per gli altri. Essere creativi, essere costanti ed essere umili, con la preghiera e con il servizio. Ricorda inoltre l’incessante necessità di pregare per la pace e la giornata di preghiera e digiuno istituita proprio per chiedere questo dono, per il 27 ottobre.