XXXII Domenica del Tempo Ordinario
8 novembre, san Goffredo di Amiens
Mt 25, 1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi.
Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.
Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa.
Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.
Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.
COMMENTO
In questa Domenica la Santa Chiesa ci propone la parabola delle “dieci” vergini per incentivare nei nostri cuori la virtù della vigilanza, tanto dimenticata e osteggiata da falsi pastori.
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La vigilanza è una virtù legata alla prudenza cristiana, che non consiste nella paura o nella timidezza, ma nello scegliere il migliore mezzo per raggiungere il fine. E la vigilanza è giustamente avere la chiarezza del fine, anche se in prospettiva molto lontana!
La natura umana di per sé, ma ancora di più col peccato originale, si fa muovere più da quello che è prossimo che da ciò che è ancora lontano, e questo spiega in parte la psicologia della tentazione.
Ogni credente sa benissimo che il peccato mortale lo mette nel serio rischio di perdere la beatitudine eterna ed essere gettato nell’inferno. Tuttavia, siccome il piacere o il vantaggio che offre il peccato è immediato, mentre la condanna sarà comminata solo alla fine della vita, allora l’anima si dà in preda al vantaggio presente tralasciando le future conseguenze. Pensando sempre col senno del poi che prima di morire si confesserà o troverà il modo di convertirsi…
Tale atteggiamento è il contrario della virtù della vigilanza. Anzitutto perché nessuno conosce l’ora e il giorno della propria morte. E può quindi succedere che quando lo spirito si assopisce e si addormenta nel male, può risvegliarsi all’improvviso davanti allo Sposo che lo chiama a giudizio! E quale sarà la sentenza? “In verità vi dico: non vi conosco”, cioè, l’esclusione dal banchetto di nozze, la perdita del Cielo per sempre.
Ma non solo! È insipiente giudicare le cose avendo come criterio il tempo, che passa senza che ce ne accorgiamo. La gerarchia delle scelte deve essere fatta invece in base all’eternità che non passa! E la virtù della vigilanza è quella che impedisce la rilassatezza della nostra mente e mette a fuoco, sopra tutti i criteri, quello più saggio e rilevante: “vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”.
Preghiamo la Santissima Vergine Maria che ci ottenga la grazia di essere annoverati tra coloro che, quando lo Sposo verrà, avranno dell’olio abbondante, e potranno entrare insieme a Lui alle eterne feste del Paradiso.