Sacro Cuore di Gesù: un potente antidoto contro la tiepidezza spirituale

Sacro Cuore di Gesù
Apparizione di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque

Se maggio è il mese mariano per eccellenza, giugno è, per definizione, il mese del Sacro Cuore di Gesù. Quasi a sottintendere che la devozione alla Madre conduce necessariamente all’incontro con il Figlio. La festa liturgica del Sacro Cuore, che si celebra il venerdì successivo alla domenica della Santissima Trinità, è un momento di purificazione, umiliazione e penitenza, accompagnate però dal fuoco dell’amore di Cristo. Nel Sacro Cuore, infatti, cogliamo soprattutto il risvolto umano di Gesù, non soltanto capace di amore infinito per gli uomini ma altrettanto bisognoso del nostro amore. Questa realtà del Cristo mendicante per amore non è affatto in contraddizione con la perfezione che è propria della sua natura divina.

A Gesù non basta essere Amore, perché quell’amore va necessariamente trasmesso e, in ciò, gli uomini devono dare il loro contributo. Anche da risorto, Gesù soffre terribilmente se si vede non ricambiato, né più né meno quanto può soffrire per amore qualunque essere umano. Quando appare a Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690), Cristo afferma: “Il mio Cuore divino è tanto appassionato d’amore per gli uomini e per te in particolare, che non potendo più contenere in sé stesso le fiamme del suo ardente Amore sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli dei preziosi tesori che ti scoprirò e che contengono le grazie in ordine alla santità e alla salvezza, necessarie per ritirarli dal precipizio della perdizione”.

La natura del Sacro Cuore di Gesù emerge con più forza, se accostata alla Passione di Nostro Signore. La prima apparizione a Santa Margherita avviene infatti durante un’adorazione eucaristica il 27 dicembre 1673, festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista. Quel giorno, la santa visitandina appoggia il suo capo al petto di Gesù, ripetendo il gesto di Giovanni durante l’Ultima Cena. Di seguito, Margherita sperimenta sul proprio corpo e sul proprio cuore, i patimenti del Signore per l’ingratitudine e l’indifferenza degli uomini.

La religiosa ha anche la grazia della visione del Sacro Cuore, palesatosi proprio nelle forme della ben nota icona della devozione popolare, ovvero posto “su di un trono di fiamme, raggiante come sole, con la piaga adorabile, circondato di spine e sormontato da una croce”. Il secondo collegamento alla Passione è nell’ordine che Gesù impartisce a Santa Margherita: prostrarsi faccia a terra per un’ora tutti i giovedì sera, dalle undici a mezzanotte, per diventare così partecipe del patimento del Signore nel Getsemani. Dalle visioni di Santa Margherita Maria Alacoque nasce anche la popolarissima devozione del primo venerdì del mese. Qualunque fedele che, in quel giorno, per nove mesi consecutivi, si fosse comunicato in grazia di Dio, avrebbe avuto la certezza della vita eterna. “Il mio Cuore si renderà asilo sicuro in quel supremo momento”, dice Gesù alla religiosa.

Come tanti altri mistici che vivono il loro incontro straordinario con Gesù o Maria in un contesto monastico, Santa Margherita deve fare i conti con lo scetticismo, l’invidia e l’ostilità delle consorelle. Grazie al sostegno del suo padre spirituale, il gesuita San Claudio de la Colombière (1641-1682), riesce comunque a promuovere il culto del Sacro Cuore, che diventerà festa liturgica universale per tutta la Chiesa nel 1856.

La devozione al Sacro Cuore di Gesù ha costellato numerosi passaggi salienti della storia negli ultimi 350 anni. A partire dal giorno in cui, nel 1689, su ordine di Gesù, Santa Margherita chiese a Luigi XIV di consacrare la Francia al Sacro Cuore. Il Re Sole rifiutò il suggerimento e il paese andò incontro a più di una tribolazione: pochi anni dopo, l’eresia giansenista prese di mira tutti i cattolici e, in particolare, i devoti al Sacro Cuore. Un secolo dopo, scoppia la Rivoluzione francese, durante la quale verseranno il sangue i primi martiri europei due secoli e mezzo dopo la riforma protestante.

Che il demonio tema fortemente il Sacro Cuore di Gesù lo dimostra anche il martirio – avvenuto nel 1874 per mano della massoneria locale – del presidente dell’Ecuador, Gabriel Garcia Moreno, primo capo di stato a consacrare il proprio paese al Sacro Cuore. Poco meno di secolo dopo, il 27 luglio 1920, la Polonia si salvò dall’invasione bolscevica, grazie alla consacrazione del paese al Sacro Cuore di Gesù, disposto dall’episcopato nazionale. L’episodio, ricordato anche come il “miracolo della Vistola”, è difficilmente spiegabile con criteri razionali, dal momento in cui la superiorità dell’esercito sovietico rispetto a quello polacco era schiacciante. Da ricordare anche la fervente devozione al Sacro Cuore della venerabile Armida Barelli (1882-1952), di cui è ormai prossima la beatificazione. Fu lei a suggerire a padre Agostino Gemelli l’intitolazione al Sacro Cuore dell’Università Cattolica, di cui fu cofondatrice.

La devozione del Sacro Cuore chiama senz’altro in causa la conversione dei cuori. Non coinvolge tanto, però, i miscredenti o gli scettici, quanto i cattolici praticanti intiepiditi e sopraffatti dalla routine. Tanto è vero che, disgustato dalla superficialità di molti credenti, Gesù aveva rivelato a Santa Margherita: “Ciò che più mi amareggia è che ci siano dei cuori a me consacrati che mi trattano così”. Da qui la sua promessa: “Il mio Cuore si dilaterà per effondere con abbondanza le ricchezze del suo divino Amore su coloro che gli renderanno questo onore e procureranno che gli sia reso da altri”.

La festa che celebreremo venerdì prossimo, dunque, è sicuramente un’ottima occasione per riparare i propri peccati, a partire dai peccati di omissione e di tiepidezza. Il Sacro Cuore di Gesù è una spina nel fianco di tutte le nostre false certezze spirituali, il nemico giurato di ogni sindrome da ‘cristiani arrivati’. Il Sacro Cuore riporta sempre all’essenzialità della fede: da un lato induce all’umiliazione, dall’altro conferisce nuovo slancio ed entusiasmo. È uno dei tanti strumenti che il Signore usa per “fare nuove tutte le cose”.