Al nuovo governo non faremo sconti!

Salvini Berlusconi Meloni
Foto: Joseph 95 (Flickr)

Nel momento in cui andiamo in pubblicazione, i risultati non sono ancora definitivi. Ci sono ancora alcuni seggi da attribuire, a causa di una serie di errori di conteggio nel riparto dei voti. Il risultato complessivo, però, è nitido e una nuova maggioranza di governo si è ormai determinata. Di queste elezioni, andremo a cogliere tre aspetti particolari di cui almeno uno è stato piuttosto sottovalutato dalla stampa e dai commentatori politici.

Classe politica e media fuori dalla realtà. Siamo alle soglie di un nuovo fascismo? Nel suo centenario, la Marcia su Roma conoscerà una sua inquietante riedizione? Non è certo la prima volta che in Italia va al potere una maggioranza di centrodestra, eppure gli spauracchi di certe élite, di certi giornali e di certi centri di potere sembrano trasmettere messaggi apocalittici, prefigurando una migrazione di massa all’estero di un nutrito gruppo di intellettuali e vip, a scopo autoesilio nei confronti del neonato regime dittatoriale. Se si guarda alla realtà senza le lenti della faziosità, tuttavia, è ben chiaro che questa psicosi collettiva affligge molto più i notabili che non il popolo. L’intera campagna elettorale si è caratterizzata per un’incredibile povertà argomentativa nei dibattiti, oltre che per contrapposizioni ideologiche che credevamo relegate al secolo scorso. Il tutto a discapito dei temi che realmente interessano oggi la gente: la crisi energetica, il caro bollette, la povertà, la guerra.

Il risultato elettorale ha fatto osservare una notevole contrazione dei partiti che hanno governato durante la scorsa legislatura (Lega e M5S in primis, mentre PD e Forza Italia tengono botta ma in particolare i dem hanno riscontrato un esito piuttosto deludente). Unico partito rimasto all’opposizione, Fratelli d’Italia è anche l’unica formazione politica ad aver guadagnato voti. Giorgia Meloni sarà dunque verosimilmente la prima donna a capo di un governo italiano ma, a dispetto di quanti gridano a un nuovo fascismo o, più semplicemente, avvertono una particolare discontinuità, il nuovo esecutivo difficilmente romperà con il recente passato, proseguendo con l’agenda Draghi, in continuità con i vincoli europei e con la fedeltà alla NATO e agli USA.

Il secondo fenomeno rilevante è l’astensionismo. Per la prima volta, il “primo partito” (36%) è stato quello dei non votanti. La sfiducia nella classe politica non è legata tanto alla corruzione o alla disonestà della stessa, quanto alla sua insipienza e inadeguatezza. C’è un fossato sempre più profondo che divide gli elettori dagli eletti, laddove i primi vivono in un mondo sempre più avulso dalla realtà della gente comune e parlano un linguaggio che il barista, lo spazzino o la casalinga percepiscono come vuoto o incomprensibile. È anche per questo che le promesse elettorali, da molti anni a questa parte sono quasi sempre disattese e i governi si orientano più in base ai diktat dei poteri forti internazionali che non ai desiderata dei votanti.

C’è da dire che una robusta componente di questo astensionismo è riferibile al mondo cattolico: basterebbe che ognuno di noi faccia una rapida indagine tra gli amici della propria parrocchia o comunità, per avere la conferma che, tra di essi, il tasso di astensione è altissimo, forse addirittura superiore alla media nazionale. Ciò è dovuto a due ragioni fondamentali. Da un lato, la stragrande maggioranza dei parroci e delle guide spirituali (salvo forse qualche sacerdote ambizioso, vittima della demagogia e della brama di visibilità) non affrontano quasi mai discussioni di carattere politico con i fedeli, lasciando loro totale libertà di coscienza. Con il risultato che un gran numero di laici finisce per votare candidati o liste che poco hanno a che spartire con i principi della Dottrina Sociale della Chiesa. In realtà, comunque, è ben più consistente la percentuale di laici che non va a votare perché non trova nessun partito confacente in toto ai suoi principi.

Terzo e più confortante elemento di riflessione: l’elezione di un gran numero di parlamentari cattolici, pro-life, pro family e ben formati sulla Dottrina Sociale. Sono uscite di scena le due donne-simbolo del progressismo laicista: Emma Bonino, mancata presidente della Repubblica, tra i fondatori del Partito Radicale, nonché paladina numero uno dell’aborto legale; Monica Cirinnà, prima firmataria della legge sulle unioni civili, figura di riferimento delle battaglie LGBT+. In compenso, sono entrati in Parlamento una serie di candidati, formatisi sul territorio, assai preparati e fortemente propensi a portare avanti politiche per la famiglia, per il rilancio demografico e per la libertà educativa. Per citare alcuni nomi: Lorenzo Malagola, presidente della Fondazione De Gasperi; Lavinia Mennuni, che, da consigliera comunale a Roma, fece approvare il quoziente familiare, e che ha battuto la Bonino e Carlo Calenda in un collegio senatoriale romano storicamente di sinistra; Rossano Sasso, sottosegretario uscente all’Istruzione, che, durante il suo mandato ha frenato una possibile deriva gender del suo Ministero. Da segnalare anche un ritorno eccellente dopo quattro anni e mezzo: Eugenia Roccella, ex radicale e abortista “redenta”, madrina del primo Family Day nel 2007.

Nel difficile scenario nazionale e internazionale, da questo voto scaturiscono quindi anche motivi di speranza. Non ci attendiamo rivoluzioni, tuttavia ai neoeletti auguriamo di essere parte di quella minoranza creativa che ambisce a rendere il mondo un posto migliore di come l’ha trovato. Anche a costo di non fare carriera. Quanto agli elettori, l’auspicio è che diventino i “cani da guardia” dei nuovi parlamentari, standovi alle costole e non facendo loro sconti. L’elettore cristiano è colui il quale non si mescola ai meccanismi del potere ma, con la sua presenza, illumina e ispira quella che San Paolo VI definiva “la più alta forma di carità”.