Se è vero che l’incontro con Gesù è indispensabile per guadagnare la vita eterna, necessariamente Egli sarà anche sinonimo di giovinezza eterna. Il concetto emerge molto chiaramente nella quarta esortazione apostolica di papa Francesco, la Christus vivit, documento di sintesi del Sinodo sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale (3-28 ottobre 2018). “Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo!” (CV 1), scrive il Pontefice nelle prime righe dell’esortazione apostolica, rivolta “ai giovani e a tutto il popolo di Dio”. E aggiunge: “Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza” (CV 2).
È significativo, oltretutto, che, al momento della scelta dei Dodici, Gesù si sia rivolto, per la quasi totalità, a persone giovani. San Giovanni, il “discepolo che Gesù amava”, è poco che più che un bambino durante i tre anni trascorsi col Maestro ed è l’unico a seguirlo fin sotto alla Croce, vedendosi affidare, al momento dell’agonia, a Maria quale Madre universale di una nuova e più ampia famiglia, che è la Chiesa. Giovanni è anche il discepolo che corre più veloce alla notizia della Resurrezione: c’è in lui un ardore e un entusiasmo, da cui tutti i giovani dovrebbero prendere esempio nella loro opera di evangelizzazione.
La “rivoluzione” giudaico-cristiana fu anche una rivoluzione generazionale, di svecchiamento nei modi e negli stili, perché, grazie a Gesù e, prima ancora, a molti Profeti, i giovani assumono una loro dignità specifica che prima non avevano. A tal proposito, il Santo Padre scrive: “In un’epoca in cui i giovani contavano poco, alcuni testi mostrano che Dio guarda con altri occhi” (CV 6). Personaggi come Giuseppe (cfr Gen 37-47) e Gedeone (cfr Gdc 6,14) vengono investiti di missioni importanti che cambiano la storia della salvezza. Samuele, pur essendo un “giovane insicuro” (CV 8), apre il suo cuore a Dio e diventa “grande profeta”. Il Papa cita poi le vicende emblematiche di Saul, Davide, Salomone e Rut (cfr CV 8-11).
A Gesù, osserva ancora Francesco, “non piaceva il fatto che gli adulti guardassero con disprezzo i più giovani o li tenessero al loro servizio in modo dispotico” (CV 14). In questo senso, il cristianesimo volta pagina, perché intende la giovinezza come lo spogliarsi dell’“uomo vecchio” per rivestirsi del “nuovo”, ovvero, nella sostanza “avere un cuore capace di amare”, mentre, al contrario, “ad invecchiare l’anima è tutto ciò che ci separa dagli altri” (CV 13), si legge nell’esortazione apostolica.
È inevitabile, dunque, che la storia della Chiesa sia costellata di molti “giovani santi, che hanno dato la loro vita per Cristo, molti di loro fino al martirio”. Il Papa ne cita almeno una decina, tutti appartenenti ad epoche molto diverse e tra loro lontane. Il primo è San Sebastiano giovane militare che ovunque parlava di Cristo, cercando di convertire i suoi compagni, non rinunciandovi mai fino al martirio, avvenuto con le frecce – cui sopravvisse – e, alla fine, con la flagellazione (cfr CV 51).
La storia di San Francesco d’Assisi è nota a tutti: il Pontefice, comunque, ricorda che il santo suo omonimo “sentì la chiamata di Gesù ad essere povero come Lui e a restaurare la Chiesa con la sua testimonianza”, quindi, in un certo senso a ‘ringiovanirla’.
Il Santo Padre cita poi alcuni martiri come Santa Giovanna d’Arco, il beato vietnamita Andrew Phû Yên, il beato congolese Isidoro Bakanja, poi Santa Kateri Tekakwitha anche lei perseguitata per la sua fede, prima di consacrarsi e diventare la prima canonizzata nativa americana. Nell’esortazione apostolica, ulteriori menzioni speciali le ricevono San Domenico Savio, Santa Teresa di Gesù Bambino e altri quattro beati: l’argentino Ceferino Namuncurá, il francese Marcel Callo, gli italiani Pier Giorgio Frassati e Chiara Badano. L’auspicio del Papa è che “costoro, insieme a tanti giovani che, spesso nel silenzio e nell’anonimato, hanno vissuto a fondo il Vangelo, intercedano per la Chiesa, perché sia piena di giovani gioiosi, coraggiosi e impegnati che donino al mondo nuove testimonianze di santità” (CV 63).
Poiché l’esortazione apostolica è rivolta in particolare al futuro della Chiesa, Francesco non manca di menzionare un venerabile che oggi avrebbe appena 28 anni. Carlo Acutis (1991-2006) è l’icona dell’adolescente cristiano dell’era digitale, colui che seppe intuire nelle nuove tecnologie un’occasione di santificazione e di diffusione del Vangelo. Bergoglio riconosce che “il mondo digitale può esporti al rischio di chiuderti in te stesso, dell’isolamento o del piacere vuoto” (CV 104). Carlo Acutis, al contrario, agli albori dell’attuale rivoluzione mediatica, imparò “ad usare le nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo, per comunicare valori e bellezza” (CV 105). Il giovane Carlo “non è caduto nella trappola. Vedeva che molti giovani, pur sembrando diversi, in realtà finiscono per essere uguali agli altri, correndo dietro a ciò che i potenti impongono loro attraverso i meccanismi del consumo e dello stordimento” (CV 106). Alla sua verdissima età, corroborata dalla grazia dello Spirito, Acutis affermava che “tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie”.
Carlo Acutis è, con tutta probabilità, il modello ideale di santità per i millennials. Questo quindicenne di buona famiglia, vissuto tra Londra e Milano, fu un grande appassionato di informatica; lui stesso creò dei siti web, uno dei quali offriva la sezione Scopri quanti amici ho in cielo, dedicata proprio ai santi giovani… Carlo ebbe la premonizione che sarebbe morto presto ma questo non scalfì minimamente la sua gioia di vivere. Carlo non viveva la sua fede in maniera catacombale, non aveva paura di contaminarsi con il mondo secolarizzato dei suoi coetanei, né appariva come un “ragazzo particolare”. Carlo aveva un carattere molto espansivo e tanti amici che gli volevano bene, giocava a calcetto e andava in pizzeria con loro. Un piccolo particolare lo distingueva dalla massa: Carlo riceveva l’eucaristia quotidianamente e pregava il rosario tutti i giorni. In più, trascorreva molto del suo tempo con i poveri, servendo alla mensa della Caritas. Ai suoi coetanei parlava di Cristo e del Vangelo con grande naturalezza ed entusiasmo, senza il minimo giudizio per chi non la pensava come lui. Quando poi, viene colpito da leucemia fulminante, nei pochi giorni di agonia, Carlo non perde una goccia della sua gioia cristiana: “Offro tutte le sofferenze che dovrò patire, al Signore, per il Papa e per la Chiesa, per non fare il Purgatorio e andare dritto in Paradiso”. Il 12 ottobre 2006, alle 6.45 del mattino, Carlo Acutis torna alla casa del Padre. È stato proclamato venerabile il 5 luglio 2018. Le sue spoglie saranno traslate oggi pomeriggio nel santuario della Spoliazione ad Assisi. Finché ci saranno giovani come Carlo Acutis, la crisi della Chiesa sarà sempre qualcosa di passeggero.