Fede, gioventù e politica: l’esempio mirabile di Damiano Caravello

Tra le varie foto girate in queste settimane sui giornali, sul web e sui social, non ce n’è una in cui non sia sorridente. Il suo nome era Damiano Caravello e la sua è una di quelle storie che vale la pena davvero raccontare non perché sia stata costellata di chissà quali eventi eclatanti ma per lo spirito con cui questo ragazzo veneto affrontava le sfide di ogni giorno. La vicenda di Damiano, così comune e così speciale, ci insegna fondamentalmente tre cose: anche una vita breve e segnata da una crudele malattia può dare dei frutti incredibili; anche per i giovani di questo secolo, la politica può diventare un mezzo di santificazione personale; a seguire la volontà di Dio, si guadagna sempre “il centuplo quaggiù”.

Damiano Caravello era nato l’8 gennaio 1991, da una famiglia cattolica di piccoli imprenditori, residente a Briana (VE). Poco dopo la nascita gli era stata diagnosticata una rara malattia al fegato, che lo aveva costretto, a soli tre mesi, al primo intervento chirurgico. Sarebbe vissuto 20, massimo 25 anni, avevano detto i medici alla mamma Silvana e al papà Giovanni. La tempra forte e l’incredibile energia, nonostante un aspetto fisico apparentemente esile, hanno portato Damiano fin quasi alla soglia dei 30 anni, contro ogni previsione. Questa vitalità non nasceva in lui ma era un evidente dono dello Spirito Santo e lo aveva lanciato in una pluralità di iniziative ecclesiastiche e sociali, specie a partire dai 18 anni, quando la fede cattolica divenne la sua opzione definitiva.

Dopo la laurea in scienze politiche a Padova e un master in governo delle reti dello sviluppo locale, Damiano Caravello ha trovato impiego presso la San Gabriele Spa di Trebaseleghe. Ha militato nell’Azione Cattolica, di cui è stato consigliere diocesano, e ha fatto parte dell’Istituto Toniolo, senza trascurare altri carismi ecclesiali, dai carmelitani di Treviso (dove ha trovato un punto di riferimento spirituale in padre Giuseppe Pozzobon), alle Clarisse di Carpi. Assisi era già, in qualche modo, incastonata nel destino suo e della sua famiglia: il suo nome, Damiano, richiama la chiesa dove Francesco parlò col Crocefisso, mentre i suoi fratelli sono stati battezzati come Francesco e Chiara. Francescano era anche la sua guida spirituale, padre Vito D’Amato, lo stesso di Chiara Corbella Petrillo: un degno padre, due degni figli spirituali, che oggi risplendono nella gloria di Dio. In politica, Damiano aveva iniziato ad impegnarsi attivamente in particolare dopo l’incontro con il movimento OL3, fondato da Gigi De Palo, attuale presidente del Forum delle Associazioni Familiari. Dall’esperienza in questo think tank, era maturata la sua decisione di candidarsi per una lista civica alle elezioni amministrative a Noale (VE), dove era stato eletto consigliere comunale nel giugno 2019.

Molto più di cosa ha fatto nella vita Damiano Caravello, a destare il nostro interesse e stupore è come lui stesso ha vissuto i suoi intensissimi 29 anni. Sapendo che non avrebbe vissuto molto a lungo, Damiano non ha perso tempo e ha speso ogni suo istante come fosse l’ultimo che il Signore gli donava. A luglio, poche ore prima del trapianto di fegato, con cui si è fatto l’estremo tentativo di salvarlo, nel suo testamento spirituale, scriveva: “Sprechiamo la vita a rincorrere l’amore, a succhiarlo dove non c’è, io ho avuto la Grazia, il dono grande di poterlo incontrare e di viverlo nonostante me. Arrivo a questa notte con il cuore e l’anima pieni di questo, e quanto vorrei tu potessi anche solo assaggiarne un po’ per poi cercarlo dove davvero c’è”. E aggiungeva: “Negli ultimi tempi ho vissuto con tutto me stesso quello che ho desiderato: vivere con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, con tutto il corpo, con tutto il cuore, con tutta l’anima. Ed è e spero sia così fino al mio ultimo giorno”.

Dai racconti di chi lo ha conosciuto, a partire dal menzionato padre Pozzobon, emerge che, nel suo impegno spirituale, sociale, politico, Damiano non ha mai cercato la visibilità o il riconoscimento ma soltanto di essere disponibile con tutti ed imprimere negli altri la forza che riceveva dallo Spirito Santo. A partire dallo scorso maggio, le sue condizioni di salute erano precipitate. Damiano lo sapeva e non lo nascondeva a nessuno. “Il mio fegato praticamente inizia a non lavorare più”, scriveva sulla sua bacheca Facebook lo scorso 10 giugno, dopo due ricoveri per cirrosi epatica. In attesa del trapianto, si sentiva travolto da “un misto di emozioni e sentimenti che si mescolano a loro volta con la paura e con tanta fatica”. “Le energie scarseggiano e per un po’ non aumenteranno – proseguiva –. Finché ci riuscirò sarò però attivo e presente per la città e le associazioni di cui faccio parte, nonché per il lavoro. Mi sostiene la Speranza data dalla certezza che tutto è Grazia. Già lo vivo”. Il 7 luglio, un mese esatto prima del suo commiato dal mondo, Damiano si sentiva ormai pronto, anima e corpo, per il suo ultimo viaggio: “la situazione è ormai compromessa, non migliorabile, anzi, già una Grazia se rimanesse stabile”. In attesa di un secondo trapianto, Damiano confidava i suoi sentimenti contrastanti: “Paura, disorientamento, fretta non voluta, preoccupazione per la famiglia ecc ecc Ma soprattutto tanta bellezza, tanta Fede, tanta Speranza, tanta Carità. Davvero, non ci crederai, ma da qui si vedono cose che non puoi immaginare”.

Nell’impegno politico, il suo modello era il venerabile Giorgio La Pira: un punto di riferimento assai elevato che riuscì ad ispirarlo in molte circostanze. “La sua serenità era contagiosa, così come il suo ottimismo. Aveva molte idee per la sua Città e per la sua frazione, Briana, ed era appena entrato in Consiglio comunale convinto di poter fare politica seria e responsabile, ma il tempo è stato veramente poco”, ha dichiarato l’amministrazione comunale di Noale, in una nota commemorativa. “Faremo tesoro della testimonianza di Damiano per continuare, anche a suo nome, il servizio alla nostra città”.

Durante i funerali, celebrati a Noale il 14 agosto, alla presenza di un migliaio di persone, padre Vito D’Amato, ha realisticamente messo in luce quanto le preghiere per la guarigione di Damiano, giunte da mezza Italia, siano rimaste inesaudite. La guarigione, però, è arrivata proprio per quanti hanno pregato per lui: “Per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Grazie a Damiano ci siamo ritrovati a fare i conti con Dio, e questo è già il regno dei Cieli”, ha detto padre Vito nell’omelia. Alla malattia e alla prospettiva del trapianto, ha ricordato il frate, Damiano non si è approcciato pensando banalmente: “Andrà tutto bene”. E non si è nemmeno rassegnato a dire: “È la volontà di Dio, è così”. Ha piuttosto “fatto un’offerta di questo trapianto e della malattia, si è messo nelle mani di Dio e si è fatto resuscitare così come Dio vuole”.

Damiano Caravello è nato al Cielo la sera del 6 agosto 2020, esattamente 42 anni dopo San Paolo VI, il Papa che credeva così tanto nei cristiani in politica, da definire questo impegno “la più alta forma di carità”: siamo sicuri che Damiano ha preso sul serio fino in fondo questa affermazione. Si è addormentato per sempre nella festa liturgica della Trasfigurazione di Gesù: dopo tanto patire, Damiano ha scalato il suo monte Tabor, piantandovi la sua tenda eterna, da cui, assieme a Pietro, Mosé ed Elia, ora contempla le candide e luccicanti vesti del Signore.