La Chiesa italiana a un bivio affidata al “prete degli ultimi”

Cardinale Matteo Zuppi
Foto: Chiesa Cattolica Italiana - YouTube

Di certo, non lascia indifferenti. Il cardinale Matteo Maria Zuppi è uno di quei personaggi che o lo ami o lo odi, senza vie di mezzo. Lo testimoniano i commenti contrastanti che si sono colti in questi giorni sulla stampa, in rete e sui social. C’è chi ha accolto la nomina di Zuppi a presidente della Conferenza Episcopale Italiana come una benedizione dal Cielo: finalmente un “prete degli ultimi” alla guida della CEI, umile, affabile e comunicativo, dicono i suoi sostenitori; un ambiguo e inconsistente “progressista” che dialoga con tutti ma che non dice “nulla di cattolico”, lamentano i suoi detrattori.

Come sempre, Cristiani Today prenderà le distanze dalle atmosfere “da stadio” che caratterizzano da un po’ di anni la Chiesa italiana, cercando di conoscere da vicino l’uomo e il prelato ma, soprattutto, di comprendere quali sfide lo attendono nel suo nuovo ruolo. Nelle sue prime uscite pubbliche dopo la nomina, il cardinale Zuppi si è presentato nel suo stile di sempre: comunicativo, autoironico e informale. Anche adesso che papa Francesco lo ha posto al vertice dell’episcopato italiano, il cardinale Zuppi rimane per tutti “don Matteo”. Come il suo omonimo della fiction televisiva, Zuppi va in giro in bicicletta e cerca costantemente il contatto con la gente comune e con le sue problematiche. All’Arcidiocesi di Bologna, che guida al 2015, c’è sempre una gran fila di gente che vuole parlare con lui: poveri e immigrati ma non solo.

Questa vocazione per gli ultimi non è nata per caso. Classe 1955, Matteo Zuppi è originario di una buona famiglia romana, ha studiato al prestigioso Liceo “Virgilio” e si è laureato in lettere all’Università “La Sapienza”. La sua militanza nella Comunità di Sant’Egidio, di cui per molti anni è stato assistente spirituale, inizia nei primi anni ’70 ed è in questo ambito che, a 22 anni, ha maturato la sua vocazione sacerdotale. Viceparroco (1981-2000) e poi parroco (2000-2012) di Santa Maria in Trastevere, la chiesa di riferimento di Sant’Egidio, nel 2012, don Matteo è stato designato vescovo ausiliare di Roma da papa Benedetto XVI. Alla fine del 2015, papa Francesco lo nomina arcivescovo di Bologna.

In molti hanno notato le analogie tra il porporato romano e il pontefice argentino: ingresso in seminario relativamente tardivo (quindi una discreta esperienza “del mondo” precedente); vocazione sacerdotale maturata in una metropoli, all’ombra di un movimento o di una congregazione religiosa; particolare attenzione per gli ultimi e i dimenticati; approccio affabile e “popolare”; spiccata disponibilità al dialogo, alla sinodalità e al rinnovamento della Chiesa tutta. C’è chi ha persino indicato in Zuppi un “papabile”, anche per le sue caratteristiche di “erede naturale” di Bergoglio, rispetto al quale il nuovo presidente della CEI segnerebbe una netta continuità. A nostro avviso, l’arcivescovo di Bologna potrebbe, più probabilmente, rivestire il ruolo di candidato di punta tra i cardinali italiani, quindi di possibile “Pope maker”, in grado di orientare un gran numero di voti al conclave, anche oltre il perimetro della sua area episcopale di riferimento.

Già da tempo, Zuppi era il nome più accreditato a succedere al cardinale Gualtiero Bassetti alla guida della CEI. Dalla sua, l’arcivescovo di Bologna aveva un’ampia popolarità, l’appoggio della maggior parte dell’episcopato, assieme a una buona capacità di mediazione e di interlocuzione con la politica e con le élite. Per il suo stile, come detto, tende a guadagnarli giudizi piuttosto netti in un senso o nell’altro ma il cardinale Zuppi è anche uomo di sintesi tra sensibilità diverse. È in prima linea nell’accoglienza di migranti e rifugiati e a favore di una pastorale di apertura nei confronti delle persone omosessuali ma, al tempo stesso, è sensibile alla causa dei cristiani perseguitati ed è un estimatore della liturgia in latino. La formazione santegidina lo rende uno stratega del dialogo interreligioso ma senza cedere ai sincretismi. È sempre nella comunità fondata da Andrea Riccardi, che il nuovo presidente della CEI si è formato ad una moderna e raffinata “scuola della pace”, che potrebbe avere un suo ruolo anche nella gestione italiana dell’attuale conflitto in Ucraina. Durante la conferenza stampa di ieri, a conclusione dell’assemblea generale dei Vescovi, lo stesso Zuppi ha insistito sulla necessità di “una soluzione diplomatica, con la collaborazione di tutti” e ha indicato il gesto simbolico della sua diocesi che domani festeggerà la Madonna di San Luca, alla presenza del parroco della comunità ucraina di Bologna e del suo omologo russo.

Il cardinale Zuppi assume la guida della CEI in un momento delicatissimo, di forte indebolimento della coesione del Paese, comprese le sue comunità ecclesiali. “In questo momento, in Italia, in Europa e nel mondo viviamo diverse pandemie: quella del Covid con tutto ciò che ha rivelato in termini di fragilità, debolezze, consapevolezze, domande aperte e dissennatezze”, ha detto il neopresidente della CEI. La prima grande prova che dovrà affrontare Zuppi nel suo mandato è la presentazione del primo report nazionale sugli abusi sessuali nella Chiesa, previsto per il prossimo 18 novembre. “Abbiamo scelto di fare una cosa seria, vera, dovuta alle vittime e alla Santa Madre Chiesa che disonoriamo, se compiamo certi atti”, ha detto il porporato. L’obiettivo è quello di guardare in faccia gli scandali “senza correre il rischio di minimizzare o amplificare”.

La sinodalità è uno degli strumenti a disposizione della Chiesa italiana in questa fase di rinnovamento, in cui i protagonismi e i particolarismi andranno messi da parte una volta per tutte. Il cardinale Zuppi ne è più che mai consapevole, senza dimenticare il laicato e tutti i disagi che la società civile sta vivendo in questi anni, dall’“aiuto” e l’“assistenza domiciliare” agli anziani dimenticati, fino alle “fragilità dei giovani” e alle “malattie relazionali”. In questa difficile opera di ricucitura di un tessuto sociale ed ecclesiale, lacerato da dolorose ferite, il nuovo presidente della CEI è chiamato a fare la sua parte e forse il suo profilo è quello giusto. Andrà però sostenuto dalle preghiere di tutti i fedeli, compresi quelli che lo amano poco ma anche di quelli che lo idolatrano, contando forse esclusivamente sulle sue doti umane. Buon lavoro Eminenza!