“Dignitas infinita”: il documento che metterà in crisi la politica

Dignitas infinita
Libreria Editrice Vaticana

I tempi della Chiesa – com’è noto – sono biblici. Nessuna decisione è stata mai presa rapidamente. Si pensi a Concili come quello di Trento (1545-1563), durato quasi 20 anni, o a un dogma come quello dell’Immacolata Concezione (1854), che ha semplicemente codificato qualcosa in cui il popolo di Dio credeva già da quasi due millenni. Alla luce di questo potremmo quasi dire che i cinque anni di realizzazione di Dignitas infinita, la dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, pubblicata lunedì scorso, siano stati qualcosa di particolarmente “smart” per gli standard ecclesiali.

Forse uno dei tanti fattori di discontinuità di questo pontificato è proprio la netta egemonia della pastorale sulla dottrina, che impone, sì, di prestare molta attenzione ai “segni dei tempi” ma, in particolare, dei tempi presenti. Come già si è visto con documenti come il Responsum ad dubium sulle benedizioni alle unioni di persone dello stesso sesso e Fiducia supplicans, il giudizio dello stesso Papa sul medesimo argomento può cambiare nel giro di meno di tre anni.

Se è vero che Dignitas infinita è un documento che parte da lontano, articolandosi sulle radici bibliche della dignità umana, dall’altro trae spunto da un altro documento – laicissimo – come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948): un altro esempio, dunque, di come la Chiesa (nel bene o nel male) smette di essere autoreferenziale, andandosi a confrontare con i principi e le istanze del mondo. Al di là della trattazione degli argomenti, rappresentano sicuramente una rottura le parole impresse dal cardinale Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, allorquando nel preambolo a Dignitas Infinita, ammette: “L’elenco degli argomenti scelti dalla Dichiarazione non è certo esaustivo. I temi trattati sono, tuttavia, proprio quelli che permettono di esprimere vari aspetti della dignità umana che oggi possono essere oscurati nella coscienza di molte persone. Alcuni saranno facilmente condivisibili da diversi settori delle nostre società, altri di meno. Comunque, tutti ci sembrano necessari perché, nel loro insieme aiutano a riconoscere l’armonia e la ricchezza del pensiero sulla dignità che sgorga dal Vangelo”. La dottrina della Chiesa, dunque, da fondamento di un’istituzione bimillenaria , si trasforma in una sorta di road map per una contemporaneità confusa o, quantomeno, in incontrollabile evoluzione.

Eppure, Dignitas infinita, nonostante alcune lacune (come l’assenza di una riflessione su temi come, ad esempio, la contraccezione o l’ecologia) è un documento che ha il pregio della chiarezza e della linearità: qualità che erano mancate, ad esempio, nella già citata Fiducia supplicans, uscita appena quattro mesi prima, a cura dello stesso dicastero. Priva di ambiguità e di distinguo è, ad esempio, la condanna dell’aborto, dell’eutanasia o dell’ideologia gender, che questo pontificato – secondo i suoi critici – avrebbe in qualche modo messo in sordina. La dichiarazione giustappone quindi argomenti scomodi, come quelli appena citati, ad altri forse più politicamente corretti, quali, ad esempio, il dramma della povertà, gli abusi sessuali, la violenza sulle donne o il travaglio dei migranti.

Accade allora, che, se da un lato, Dignitas infinita appare un testo molto pragmatico e calato in realtà circostanziate, dall’altro, secondo un principio più idealistico, scardina le categorie usurate di destra o di sinistra e pone sotto lo stesso ombrello, ad esempio, il diritto alla vita dei nascituri e quello dei migranti. L’ultima dichiarazione dell’ex Sant’Uffizio, in definitiva, è un documento destinato a mettere in crisi la politica, così come l’abbiamo intesa negli ultimi decenni. E’ vero, Chiesa e governi sono realtà tra loro distinte, sia pure portate, per loro natura, a confrontarsi e a cooperare, sia pure talvolta in modo conflittuale. Ciò assodato, Dignitas infinita è un documento che potrebbe prestarsi, da un lato, a interpretazioni settoriali e di parte, dall’altro, tuttavia, chi volesse prenderlo sul serio in modo onnicomprensivo, si porrà parecchio fuori dagli schemi.