In tanti sono rimasti sorpresi, compreso il diretto interessato, dalla recente nomina di Paolo Ruffini a prefetto del Dicastero della Comunicazione. Forte di un ampio e prestigioso curriculum comprendente Il Mattino di Napoli, Il Messaggero di Roma, il Giornale Radio Rai, Raitre e La7, l’ex direttore di TV2000 è effettivamente il primo laico della storia a diventare il numero uno di un dicastero vaticano.
Le personalità laicali hanno iniziato ad affacciarsi tra gli uffici all’interno delle mura leonine in particolare a cavallo tra i pontificati di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Tra i nomi più illustri attualmente in carica: Flaminia Giovanelli, sottosegretaria al Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Integrale (prima donna ad assumere un ruolo dicasteriale di tale rilievo); Guzman Carriquiry Leorcur, avvocato uruguaiano, dal 2011, vicepresidente della Commissione per l’America Latina; Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis.
La nomina di Ruffini, tuttavia, è particolarmente rivoluzionaria, sia in forza della notorietà del personaggio e della sua innovativa concezione dei media, sia per il ruolo strategico rappresentato dalle comunicazioni sociali nell’ambito della riforma della Curia, promossa da papa Francesco. La cooptazione di Ruffini è anche un segno della crescente fiducia reciproca tra il pontefice argentino e la Conferenza Episcopale Italiana, che si sta concretizzando in un’alleanza sempre più strategica.
Appena un mese fa, un altro laico era stato investito di un ruolo prestigiosissimo, in precedenza di esclusivo appannaggio del clero: parliamo di Vincenzo Buonomo, professore ordinario di diritto civile, che ha assunto il ruolo di rettore della Pontificia Università Lateranense, in sostituzione del vescovo salesiano Enrico Maria Dal Covolo.
Altra notizia significativa: sempre giovedì, pressoché in contemporanea alla nomina di Ruffini, il Santo Padre ha autorizzato i decreti di riconoscimento delle virtù eroiche di quattro servi di Dio, di cui tre morti in giovanissima età (due addirittura adolescenti). Quattro futuri beati tutti laici: lo statista Giorgio La Pira (1904-1977), pioniere del cristianesimo sociale nel secondo dopoguerra, a lungo sindaco di Firenze; Carlo Acutis (1991-2006), quindicenne milanese, devotissimo della Santa Eucaristia e probabile futuro patrono di Internet, per l’abilità con cui navigava sul web; Alessia Gonzalez-Barros y Gonzalez (1971-1985), quattordicenne spagnola che offrì le sofferenze del suo cancro per il Papa e la Chiesa; Pietro Di Vitale (1916-1940), ventiquattrenne terziario francescano siciliano, membro dell’Azione Cattolica, anch’egli deceduto per un male incurabile.
Quando vengono firmati i decreti di riconoscimento di virtù eroiche, di miracoli, di beatificazioni o di canonizzazioni, normalmente i gruppi di servi di Dio, venerabili o beati sono più numerosi (8, 10, anche 15), con notevole prevalenza di sacerdoti, religiosi o religiose. Viene quindi da chiedersi se questa significativa coincidenza temporale con la nomina di Ruffini non possa essere interpretata come un ‘messaggio cifrato’ di papa Francesco, ovvero: i laici devono contare più nella Chiesa. Una sottolineatura che assume particolare valore in questo snodo ecclesiale a ridosso di due eventi di straordinaria importanza, in cui i laici sono al centro dell’attenzione: l’Incontro Mondiale delle Famiglie a Dublino (21-26 agosto 2018) e l’assemblea del Sinodo dei Vescovi sul tema I giovani, la fede e il discernimento vocazionale (3-28 ottobre 2018).
Quello delle vocazioni, oggetto di discussione al prossimo Sinodo, è un tema niente affatto clericale. Un possibile risveglio delle vocazioni sacerdotali o religiose non sarebbe concepibile indipendentemente da un più generico risveglio della fede e delle vocazioni laicali (famiglia e lavoro). A più riprese, papa Francesco ha stigmatizzato il pericolo del clericalismo, che può manifestarsi nella sua duplice forma: sacerdoti che ambiscono a ruoli e funzioni laicali e laici che aspirano a ruoli clericali.
In realtà il compito dei laici nella nuova evangelizzazione è fondamentale. In una società che cambia vorticosamente, il clero spesso è inadeguato ad affrontare da solo le sfide del nostro tempo e i fondamenti del cristianesimo di sempre hanno bisogno di un’adeguata mediazione da parte della base laicale. C’è quindi da augurarsi che, sia l’Incontro Mondiale delle Famiglie, sia il Sinodo sui Giovani, possano diventare per il popolo un’occasione di interfacciarsi con la gerarchia e portare alla luce esperienze virtuose, creative e rivitalizzanti per una Chiesa che, altrimenti, rischierà di annaspare in una palude di “piani pastorali” e altre iniziative verticistiche che poco hanno a che vedere con la devozione popolare, con lo zelo apostolico e con lo spirito dei tempi.