Obiezione di coscienza: le evidenti contraddizioni dell’UAAR

Sono trascorse appena tre settimane di questo #2019 e già due casi a sfondo religioso hanno scosso l’opinione pubblica. Il primo è quello del crocefisso blasfemo di #Fedez, spudoratamente esibito sui social, il secondo è relativo alla nuova campagna dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (#UAAR), che va all’attacco dell’obiezione di coscienza dei medici. Mentre però la provocazione di Fedez è finalizzata unicamente a fare pubblicità gratuita della propria persona e, al tempo stesso, a banalizzare e vilipendere la religiosità della gente comune, l’intento dell’UAAR è più sottile e sopraffino.

Andiamo con ordine. Il manifesto diffuso dall’UAAR reca due immagini affiancate e contrapposte: quella di un camice e di uno stetoscopio e quella di una tonaca sacerdotale, accompagnata da una piccola croce da appendere al collo. Da notare anche la luminosità che circonda l’immagine a sinistra, contrapposta al colore nero e tenebroso dell’immagine a destra. Lo slogan propagandistico è il seguente: “#Non affidarti al caso. Chiedi subito al tuo medico se pratica qualche forma di obiezione di coscienza”. Il connubio tra parola e immagini intende portare a un paio di conclusioni piuttosto capziose: 1) scienza e fede sono irrimediabilmente in contrapposizione; 2) l’obiezione di coscienza è un ostacolo alla libertà individuale. Corollario: i medici obiettori sono sempre religiosamente ispirati. Sillogismo: la religione è nemica della libertà.

Non serve un’intelligenza superiore alla media per intuire la totale malafede di questa campagna propagandistica. Chi ha concepito il manifesto dell’UAAR, innanzitutto, ignora il lungo e fecondo rapporto che ha legato per secoli la Chiesa Cattolica e la ricerca scientifica, in cui il caso Galileo rappresenta solo un incidente di percorso. Tantissimi sono stati, nei secoli, gli scienziati cristianamente ispirati: da Isaac Newton ad Antonino Zichichi, passando per il Servo di Dio Jerome Lejeune. Molti di questi luminari erano addirittura sacerdoti: Niccolò Copernico, Eugenio Barsanti (inventore del motore a scoppio), Gregor Mendel. Quanto all’obiezione di coscienza, i laicisti sedicenti ‘razionalisti’ dimenticano che si tratta di un diritto tutelato dall’ordinamento italiano, da varie sentenze della Corte Costituzionale e da numerose convenzioni internazionali e che, comunque, assume pienamente senso se applicata a tutti i campi dell’azione sociale. Si può esercitare l’obiezione di coscienza sull’aborto e non sull’arruolamento militare (o viceversa) ma sarebbe assurdo farsi paladini di uno solo di questi due diritti, osteggiando l’altro. Tutto ciò, a prescindere dalla fede o dall’ateismo che si professano.

Sia nel caso di Fedez che dell’UAAR, c’è una contraddizione di fondo facilmente smascherabile. Si pretende di realizzare la rimozione dei simboli religiosi ma, al tempo stesso, se ne fa uso per le proprie campagne propagandistiche. Il crocifisso a scuola o negli ospedali è visto come un’offesa a chi cristiano non è, ma, se mostrato per sbeffeggiare o combattere la religione cristiana, allora è ammissibile. Ciò che fa sorridere di molti laicisti è la loro asfissiante ossessione per il cristianesimo: vedono cristiani ovunque, e li vedono sempre con il ditino alzato, pronti a moraleggiare, a censurare e castrare la libertà altrui, secondo stereotipi che erano superati già ben prima della svolta conciliare.

Paradossalmente potremmo arrivare a ringraziare l’UAAR per la sua attitudine a sollevare continuamente controversie a sfondo religioso. Si tratta di fazioni culturali che, private del ‘nemico’ non avrebbero oggetti di cui discutere. Inoltre, l’attitudine ricorrente di tali think tank laicisti è una certa paura dell’avversario, fondata evidentemente più su fantasmagoriche narrazioni e su cliché ormai datati che su realtà fattuali, le uniche che meriterebbero realmente di essere portate al centro del dibattito. Se il nemico è agonizzante, è piuttosto raro che si infierisca contro di esso. Se quindi la Chiesa e il cristianesimo hanno tuttora così tanti avversari, vuol dire che, nonostante tutto, sono ancora vivi e in grado di essere ‘scomodi’.

Ben venga, infine, se le offese o le strumentalizzazioni ideologiche nei confronti della croce o del crocefisso possano indurre anche solo una piccola parte dell’opinione pubblica a riflettere sulla simbologia e sulla portata storica del principale emblema cristiano. La croce ricorda un segno +, dunque, a differenza di quanti nutrono pregiudizi, essa è un simbolo di inclusione, in quanto accomuna universalmente i dolori e la finitezza di ogni essere umano, cui però Dio, attraverso suo Figlio, ha restituito senso, trasformando un strumento di tortura e morte in un simbolo di speranza: se mai qualcuno avrà occasione di incontrare un attivista dell’UAAR potrà senz’altro ricordarglielo!