Papa Francesco e la sfida di un’Africa libera
Al giornalista di EFE che gli domandava se aveva intenzione di visitare la Spagna, ha risposto in modo molto schietto: “Ci andrò in Spagna, se vivo, ma la priorità dei viaggi in Europa è per i Paesi piccoli, poi i più grandi”. È noto che, coerentemente con la sua linea pastorale, papa Francesco privilegia sempre le periferie, da lui considerate punto di vista privilegiato per conoscere il mondo nella massima oggettività. La sua visita pastorale in tre paesi africani, conclusasi lunedì scorso, è la conferma di ciò che sta più a cuore al pontefice argentino: dare la priorità, nei suoi incontri, agli emarginati di ogni genere, agli “ultimi della terra”. Sono tanti i risvolti di questo viaggio in Mozambico, Madagascar e Mauritius che, da un lato, prosegue e approfondisce i temi in agenda del pontificato, dall’altro offre spunti particolarmente originali e degni di riflessione.
La pace e la convivenza interreligiosa. Parlare di pace in Africa non è un concetto scontato quanto potrebbe esserlo in Europa. In buona parte del continente nero, la conflittualità è una costante e ciò è dovuto a due ragioni fondamentali: 1) il tribalismo che ancora conduce molte popolazioni a combattersi tra loro, fino alle conseguenze più estreme e tragiche, come è avvenuto, ad esempio, con il genocidio in Ruanda; 2) il neocolonialismo occidentale che, secondo la logica del divide et impera, complice anche il traffico di armi, fomenta ulteriori conflitti e guerriglie finalizzati a rendere i popoli africani ancor più succubi delle potenze straniere e delle multinazionali.
In tal senso, il Mozambico è una felice eccezione e il trattato di pace siglato nel 1992, dopo 17 anni di tribolazioni, grazie anche alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio, rappresenta una pietra miliare per l’intera Africa. Come ha ricordato lo stesso Bergoglio, incontrando le autorità politiche e il corpo diplomatico a Maputo, appena un mese fa, a Serra della Gorongosa, è stato firmato l’accordo di cessazione definitiva delle ostilità militari tra tutti i gruppi armati mozambicani. “Sono questi germogli che sostengono la speranza e danno fiducia per non lasciare che il modo di scrivere la storia sia la lotta fratricida, bensì la capacità di riconoscersi come fratelli, figli di una stessa terra, amministratori di un destino comune”, ha commentato il Papa, auspicando più volte durante la visita una pace che non sia soltanto un’assenza di guerra ma un processo dinamico ed evolutivo, in cui la fratellanza e la collaborazione tra i popoli diventano sempre più strategiche e progettuali.
In tema di dialogo interreligioso, Francesco, nella sua breve visita a Mauritius, ha indicato il piccolo arcipelago nell’Oceano Indiano come un esempio positivo, vista l’armonia che si riscontra nella convivenza tra il gruppo cultuale più numeroso, gli induisti, e le minoranze più consistenti, ovvero i cristiani e i musulmani. “Desidero esprimere apprezzamento per il modo in cui a Mauritius le diverse religioni, con le loro rispettive identità, collaborano insieme per contribuire alla pace sociale e per ricordare il valore trascendente della vita contro ogni tipo di riduzionismo”, ha detto il Santo Padre, incontrando le autorità politiche.