Le persone possono essere riservate per tanti motivi. Al di là tuttavia delle qualità caratteriali, il silenzio può essere anche un mezzo scelto per una presenza consapevole nella propria esistenza e nella storia dell’umanità. Durante l’udienza odierna, il Papa Francesco, ci presenta questa caratteristica di San Giuseppe, cioè la sua capacità di fare silenzio dentro di sé, raccontandoci che tipo di ripercussioni aveva questo atteggiamento, nella storia della salvezza.
Il Santo Padre parte dal dato biblico, fonte delle informazioni sullo sposo di Maria. Non viene riportata, sulle pagine del Nuovo Testamento, nemmeno una parola pronunciata da Lui. Ciò non significa che egli fosse taciturno, no, c’è un motivo più profondo. Con questo suo silenzio, Giuseppe conferma quello che scrive Sant’Agostino: «Nella misura in cui cresce in noi la Parola – il Verbo fatto uomo – diminuiscono le parole». Nella misura che Gesù – la vita spirituale – cresce, le parole diminuiscono. In questo senso, Giuseppe è il vero padre, che dona spazio al Figlio.
Gesù, nella sua vita terrena, possiamo ipotizzare che abbia imparato la necessità del silenzio e l’atteggiamento di ascolto, proprio da San Giuseppe. Gesù è cresciuto a questa “scuola”, nella casa di Nazaret, con l’esempio quotidiano di Maria e Giuseppe. E non meraviglia il fatto che Lui stesso, cercherà spazi di silenzio nelle sue giornate (cfr Mt 14,23) e inviterà i suoi discepoli a fare tale esperienza per esempio: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’» (Mc 6,31).
Un’altra Parola stava infatti prendendo il suo posto nel mondo, attraverso l’attitudine di Giuseppe alla contemplazione. Il Papa infatti esprime questo suo desiderio: Come sarebbe bello se ognuno di noi, sull’esempio di San Giuseppe, riuscisse a recuperare questa dimensione contemplativa della vita spalancata proprio dal silenzio. Ma tutti noi sappiamo per esperienza che non è facile: il silenzio un po’ ci spaventa, perché ci chiede di entrare dentro noi stessi e di incontrare la parte più vera di noi. E tanta gente ha paura del silenzio (…)
Francesco ci ricorda come, entrati nel vortice di tanto chiasso e di tante parole, rischiamo anche noi di veder deteriorarsi il nostro interiore. Senza questo allenamento che viene proprio dalla pratica del silenzio, può ammalarsi anche il nostro parlare. Senza la pratica del silenzio si ammala il nostro parlare. Esso, invece di far splendere la verità, può diventare un’arma pericolosa (…) Pensiamo un po’ alle volte che abbiamo ucciso con la lingua, ci vergogneremmo! Ma ci farà tanto bene, tanto bene.
Il silenzio dentro le nostre giornate, è condizione irrinunciabile. E’ spazio in cui diamo la possibilità allo Spirito di rigenerarci, di consolarci, di correggerci. Non dico di cadere in un mutismo, – chiarisce il Papa – no, ma di coltivare il silenzio. Ognuno guardi dentro a se stesso: tante volte stiamo facendo un lavoro e quando finiamo subito cerchiamo il telefonino per fare un’altra cosa, sempre stiamo così. E questo non aiuta, questo ci fa scivolare nella superficialità.
Al contrario invece, noi vogliamo che il silenzio possa nutrire il nostro operare. E il beneficio del cuore che ne avremo guarirà anche la nostra lingua, le nostre parole e soprattutto le nostre scelte. Infatti Giuseppe ha unito al silenzio l’azione (…)
Papa Francesco conclude la catechesi con questa breve ma significativa preghiera a San Giuseppe:
San Giuseppe, uomo del silenzio,
tu che nel Vangelo non hai pronunciato nessuna parola,
insegnaci a digiunare dalle parole vane,
a riscoprire il valore delle parole che edificano,
incoraggiano, consolano, sostengono.
Fatti vicino a coloro che soffrono a causa delle parole che feriscono,
come le calunnie e le maldicenze,
e aiutaci a unire sempre alle parole i fatti. Amen.