A-Dio, suor Elvira

foto Comunità Cenacolo

Proprio nei giorni in cui a Lisbona si celebra la 38° Giornata Mondiale della Gioventù, è nata al Cielo una donna che ha dato la vita per i giovani. Nei suoi 86 anni di vita terrena, Suor Elvira Petrozzi (1937-2023) non cercò mai visibilità per se stessa, nemmeno per un minuto. L’opera che ha messo in piedi, attraverso la Comunità Cenacolo, tuttavia, è mastodontica e, inevitabilmente, ha portato alla ribalta il nome e la personalità della sua fondatrice.

I numeri parlano molto chiaro: 70 case, in venti Paesi in quattro continenti, tutte dedicate a ragazzi vittime delle dipendenze o, a vario titolo in condizioni di fragilità. Non si tratta, come spiega il sito ufficiale di “un’opera sociale o assistenziale, ma è soprattutto una ‘famiglia’ fondata sulla fede, dove l’uomo ferito può incontrare un amore che lo accoglie gratuitamente, lo aiuta a guarire le ferite, lo sostiene e lo guida per ritrovare la Via della Verità, un amore esigente che lo educa alla bellezza della Vita vera”. Dimensioni di questo tipo, unite alla radicalità della fondatrice di tali opere, lasciano pensare che la mano umana non basti a tutto questo. Pur di ricondurre allo stato di grazia i ragazzi perduti nel giro della droga, suor Elvira suggeriva ai loro genitori: “Non abbiate paura di cacciarli di casa, di lasciarli a se stessi, perché solo quando toccheranno il fondo potranno domandare”. Né più, né meno come fa il figliol prodigo, quando povero e umiliato torna a chiedere ospitalità dal padre (Lc 15,17). Suor Elvira si definiva “una donna esigente” e diceva: “Non chiedo molto, chiedo tutto, perché mi fido del cuore umano”.

Di origine ciociara, trapiantata in Piemonte, Rita Agnese Petrozzi – questo il suo nome secolare – era di umili origini ed era entrata a 19 anni nell’ordine della Carità, fondato da Santa Giovanna Antida Thouret. Alla Comunità Cenacolo ha dedicato gli ultimi 40 anni della sua vita: il 16 luglio 1983 prende possesso di una villa nella campagna di Saluzzo, dove inizia ad ospitare i primi di una lunga serie di giovani tossicodipendenti. “Quando salì sulla collina “San Lorenzo” di Saluzzo, suor Elvira aveva già fatto, da tempo, la scelta del Vangelo – ha scritto il vescovo di Saluzzo, monsignor Cristiano Bodo, ricordando la religiosa recentemente scomparsa -. In cuore suo ardeva un fuoco; nulla di nitido aveva in mente; bruciava soltanto del desiderio di abbracciare il mondo, il mondo dei poveri, degli ultimi, dei derelitti, degli scartati, di coloro che sciupavano la vita perché non ne trovavano il senso. Su quella collina è divampato un incendio; da quella collina si è propagato nel mondo. Dalla fragilità di una donna abitata dal Vangelo è sgorgata una sorgente di Misericordia; dalla fede semplice di una “povera” è nata una comunità di credenti nella risurrezione; dalla preghiera ostinata di chi non si è mai arreso alle difficoltà è venuta la provvidenza!”.

“La preghiera è un dono di Dio – disse un giorno suor Elvira -. È un regalo. Ho voluto che anche i giovani che accoglievo potessero non solo sentire parlare di Dio, ma vedere la sua paternità concreta”. Quella che lei aveva fondato non era una semplice comunità di recupero ma un luogo dove la prima medicina era Gesù Cristo. Chiunque abbia conosciuto persone che abbiano trascorso un certo tempo nella Comunità Cenacolo, sa bene quanto questi uomini e queste donne ne siano usciti completamente trasformati. Nessuno immaginerebbe in loro, nemmeno alla lontana, un passato di tossicodipendenza e di perdizione. Tutto questo è possibile, perché il Sabato Santo, il Signore è disceso negli Inferi, dopo aver conquistato sulla Croce il cuore del buon ladrone. Dio sa infliggere colpi di scalpello anche molto dolorosi nelle vite di molti, per scolpirne i suoi capolavori.

Alcuni anni fa, a Medjugorje, quando l’avventura di Cristiani Today era agli albori, assieme a Rita e al marito Stefano, ho conosciuto Pietro Giovetti, uno dei ragazzi che suor Elvira ha ripescato dal fango, salvandolo due volte: prima dalla droga, poi dalla malattia. Rileggere la testimonianza incredibile di Pietro ci mette di fronte a quelle che sono le vere conversioni: non banali cambiamenti di vita, non un semplice diventare “più buoni” ma sentirsi sconvolgere nell’anima e nel corpo, entrare in crisi profonda, perché c’è sempre una croce ad aprire il cammino verso il Cielo.

Il destino dei figli spirituali di suor Elvira racconta proprio questo: le vere conversioni, quelle di cui si parla poco, perché riguardano l’anima più che lo stile di vita e che, per questo, possono essere comprese da chi – e sono pochi – guarda il mondo con un occhio veramente sovrannaturale. Comunità come quella di suor Elvira testimoniano che Dio non si stanca mai degli uomini e che il processo di secolarizzazione non è affatto inevitabile.