Amazzonia: una cartina di tornasole per la Chiesa e per il mondo

Amazzonia
Foto: Neil Palmer/CIAT - Flickr

Amazzonia: una cartina di tornasole per la Chiesa e per il mondo

Non era mai capitato che un documento pontificio dedicato a una specifica regione della terra suscitasse così grandi attese a livello mondiale. L’esortazione apostolica post-sinodale Querida Amazonia di papa Francesco, pubblicata mercoledì scorso, conferma pienamente le aspettative: pur trattandosi di un testo inerente a una realtà locale – seppur tutt’altro che marginale – offre spunti di concreto interesse per ogni cristiano e ogni uomo di buona volontà in ogni angolo della terra. L’Amazzonia diventa così una sorta di cartina di tornasole per lo stato di salute dell’intero pianeta e dei suoi abitanti. E in questa crucialità, la Chiesa Cattolica si inserisce a pieno titolo, raccogliendo una nuova e complessa sfida missionaria.

Prima di entrare nel merito delle questioni affrontate, è utile sottolineare il linguaggio nuovo di cui il Papa ha permeato l’esortazione apostolica. A partire dal titolo (non in latino): l’aggettivo spagnolo “querida” sta ad indicare sia “cara” che “amata”: le parole del Pontefice si connotano dunque per toni marcatamente ‘affettivi’ nei confronti di una terra che soffre e che sta a cuore al capo della Chiesa. Querida Amazonia è anche un testo ricco di citazioni letterarie profondamente suggestive ed evocative da alcuni dei più illustri autori latino-americani, primo tra tutti Pablo Neruda. Ultimo ma non ultimo: la definizione di quattro grandi “sogni” (sociale, culturale, ecologico ed ecclesiale) per un’Amazzonia redenta. La parola “sogno” è piuttosto ricorrente nei discorsi e nei documenti di Bergoglio. In passato era irrituale che i pontefici si dichiarassero ‘sognatori’, in ogni caso, i sogni cui fa riferimento Francesco non sono utopie ma piuttosto profezie. Del resto, la componente del sogno premonitore è molto frequente nelle Sacre Scritture: si pensi ai sogni di Giuseppe (cfr Gen 37,1-11).

La Chiesa rinnega il neocolonialismo. L’immensa regione amazzonica è uno specchio fedele dei mali della globalizzazione. Il Santo Padre lo sottolinea molto chiaramente nell’esortazione apostolica: lo sfruttamento indiscriminato delle immense risorse della foresta pluviale ha ridotto in miseria gran parte della popolazione indigena, costringendo molti dei suoi membri a emigrare, spesso senza speranza, verso i centri abitati e le metropoli, dove tuttora faticano ad integrarsi. Il Pontefice deplora quindi la ‘rapacità’ di modelli economici e imprenditoriali che hanno accresciuto le disuguaglianze sociali: “Alle operazioni economiche, nazionali e internazionali, che danneggiano l’Amazzonia e non rispettano il diritto dei popoli originari al territorio e alla sua demarcazione, all’autodeterminazione e al previo consenso, occorre dare il nome che a loro spetta: ingiustizia e crimine” (QA 14).

Gli indigeni e l’integrazione possibile. Al “sogno sociale” è strettamente collegato il “sogno culturale”. Francesco esprime preoccupazione per la carica distruttiva del neocolonialismo nei confronti delle culture e delle tradizioni locali amazzoniche. La disgregazione che viene scatenata all’interno delle popolazioni autoctone, sottolinea il Papa, è assai devastante in quanto mette a repentaglio lo spirito comunitario, molto radicato in quella regione. Alla luce di ciò, Bergoglio incoraggia i giovani amazzonici a custodire le proprie “radici” (cfr QA, 33-35). Se da un lato, bisogna smettere di considerare gli indigeni come dei “selvaggi non civilizzati” (QA 29), sarebbe altrettanto sbagliato pensare di abbandonarli al loro destino, in nome di un “indigenismo completamente chiuso, astorico, statico, che si sottragga a qualsiasi forma di meticciato” (QA 37). L’Amazzonia diviene così una straordinaria occasione di incontro interculturale.