Benedetto XVI: l’umiltà che supera la sapienza

Benedetto XVI Joseph Ratzinger
Foto: ©Mazur/www.thepapalvisit.org.uk (Flickr)

Markl-am-Inn (Baviera), dicembre 1929. Un bambino di quasi tre anni, percorre le vie del paese, assieme ai genitori e ai fratelli maggiori. Improvvisamente, gli occhi del piccolo si illuminano, notando nella vetrina di un negozio un vistoso orsacchiotto di peluche. Più volte nei giorni successivi il bambino ripassa davanti a quella vetrina, coltivando nel suo cuore la speranza di riceverlo in dono. Il pomeriggio della Vigilia di Natale il peluche è sparito dalla vetrina, suscitando le lacrime del bimbo. Una delusione pari almeno alla sua gioia e alla sua sorpresa nello scoprire quello stesso orsacchiotto tra i regali, la sera della Vigilia. Quel bambino si chiamava Joseph Ratzinger.

Il curioso aneddoto è emerso alcuni anni fa in un reportage della vaticanista statunitense Deborah Castellano Lubov nei luoghi dell’infanzia e della giovinezza del futuro pontefice. Un episodio paradigmatico di quello che ha rappresentato il risvolto meno conosciuto della personalità di Joseph Ratzinger: la ricerca della tenerezza. Cresciuto in un ambiente impregnato da una cultura mitteleuropea molto austera, in cui si sorrideva molto poco (lui stesso, come emerge dalle immagini che lo ritraggono, sorrideva sempre piuttosto a fatica), Ratzinger ha dedicato la maggior parte della sua vita agli studi, diventando, nell’arco di pochi decenni, il più illustre teologo cattolico del XX secolo.

L’immensa cultura, la preparazione accademica, la capacità di andare al punto nelle complesse trame teologiche del nostro tempo sono la rampa di lancio che proietta Joseph Ratzinger nell’empireo dei grandi della Chiesa. Prima da perito conciliare e professore alle Università di Tubinga e Ratisbona, poi da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger diventa il custode della tradizione e dell’ortodossia. È stato il più grande apologeta cattolico dell’epoca contemporanea, tuttavia, questa infaticabile ricerca intellettuale e teologica, non ha mai placato la sua inquietudine spirituale. Ancor più grande della sua intelligenza è stata la sua umiltà. Da mente acuta quale egli era, Ratzinger comprese presto che, come affermava Blaise Pascal, “l’ultimo passo della ragione è il riconoscere che vi sono un’infinità di cose che la sorpassano”. La ragionevolezza della fede, per la quale Ratzinger aveva lottato per tutta la vita, non poteva che avere uno sbocco: Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, fonte suprema dell’unico amore che non delude mai.

La vita di molti sacerdoti si consuma tra le strade polverose di esotici luoghi di missione o tra chiassosi oratori. La maggior parte della vita di Joseph Ratzinger, al contrario, ebbe come sfondo il silenzio delle biblioteche e la solennità delle aule universitarie. C’è immaginare che, dietro l’immagine (più mediatica che reale) del severo accademico di stampo conservatore, Ratzinger avesse sempre agognato il calore del contatto umano, unendovi un’altissima riflessione sul vero significato dell’amore. L’inizio di quel pontificato (2005-2013) a cui lui non aspirava minimamente, sotto il macigno dell’ingombrante eredità di Giovanni Paolo II, aveva stimolato Benedetto XVI a dedicare la sua prima enciclica Deus caritas est alla vera essenza e identità di Dio: la carità.

È questo il più grande (apparente) paradosso e, al tempo stesso, l’eredità più preziosa di Joseph Ratzinger: la ragionevolezza e il realismo non hanno come traguardo l’uomo e le realtà finite ma il mistero di Dio, la cui qualità più grande è l’amore. Come papa in particolare, Benedetto XVI non è stato forse tra i più amati. Eppure, le immagini dei suoi funerali (i primi di un papa, celebrati dal suo successore) sono la conferma del grande affetto del popolo di Dio, che riscattano ampiamente Benedetto XVI da tutte le incomprensioni che dovette fronteggiare durante il suo pontificato. Se per San Giovanni Paolo II, specie negli ultimi anni, la sofferenza fu soprattutto fisica, per Benedetto XVI, il patimento è stato essenzialmente psicologico e spirituale. Fare pulizia della “sporcizia” che si annidava nella Chiesa, riportare Cristo al centro dell’azione ecclesiale, dare buone ragioni per credere, riscoprire le radici cristiane dell’Europa, combattere le eresie del proprio tempo: dovrebbero essere le prerogative di qualunque papa. Benedetto XVI ha avuto la sventura di vivere in un’epoca in cui tali prerogative sono state disconosciute o non sono più così scontate.

Indubbiamente, i pasdaran del laicismo progressista non lo hanno mai amato. La cancellazione della sua lectio magistralis a La Sapienza e la macchina del fango scatenatasi durante gli scandali del clero pedofilo (che pure lui aveva iniziato coraggiosamente a contrastare) furono soltanto la punta dell’iceberg di questa manifesta ostilità. Non si può negare, tuttavia, che gli avversari più tenaci, Benedetto XVI li ha dovuti affrontare dentro la Chiesa stessa, tra coloro che, in teoria, avrebbero dovuto fraternamente e filialmente collaborare con lui. Come successore di Pietro, Ratzinger fu vittima di tradimenti e sgambetti davvero infami, ai quali rispose sempre con mitezza e misericordia, spesso con eloquente silenzio. Da qui la drammatica ed epocale rinuncia al pontificato, il gesto più rivoluzionario mai compiuto da un Papa sbrigativamente etichettato come conservatore. Soltanto un uomo di comprovata e granitica fede sarebbe potuto arrivare ad una decisione così radicale e spiazzante: una scelta che papa Benedetto XVI dovette prendere contro tutto e tutti, nella più totale solitudine, confortato soltanto dalla carezza amorevole di Dio, l’unico in grado di accogliere le debolezze umane e trasformarle in un’occasione di grazia.

Da bambino, Joseph Ratzinger amava gli orsacchiotti. Da adulto e da anziano amava circondarsi di gatti e, nel poco tempo libero, suonava il pianoforte. Era un uomo di cultura, estremamente sensibile alla bellezza in tutte le sue forme, di cui Dio è la massima sintesi ed espressione. È questa bellezza che il suo cuore ha ardentemente desiderato tutta la vita ed è in mezzo a questa bellezza che adesso lo immaginiamo. Ripagato da tutto l’Amore così tanto desiderato e probabilmente mai trovato in vita.