Davos: la rivoluzione spirituale dell’uomo che gioca a fare Dio

Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum
Photo: World Economic Forum - YouTube

Nella settimana che si conclude, molto si è scritto e letto sulla riunione annuale del World Economic Forum di Davos. La località nelle Alpi svizzere è il luogo dove i potenti della terra periodicamente si riuniscono per pianificare il futuro del mondo. Il fondatore del World Economic Forum, l’ingegnere tedesco Klaus Schwab è la mente di un progetto che non nasce certo oggi e, al cui interno, coopera una folta rappresentanza del notabilato globalista.

L’approccio del microcosmo di Davos è facilmente intuibile: banchieri, industriali, finanzieri e tutti coloro che detengono le leve dell’economia mondiale incontrano i politici, i militari, i religiosi e i decision maker a tutti i livelli per negoziare i propri interessi. Lo stesso papa Francesco si è sentito chiamato in causa e ha inviato una lettera all’ingegner Schwab, accogliendo il summit del World Economic Forum come “un’importante opportunità di impegno da parte di più soggetti per esplorare modi innovativi ed efficaci per costruire un mondo migliore”.

Il Santo Padre è aperto al dialogo con tutti i soggetti laici che percepisce in grado di operare uno sforzo per migliorare il destino dell’umanità. La vera domanda, tuttavia, è: i notabili del World Economic Forum sono aperti nei confronti della Chiesa e dei valori che essa promuove? Negli anni passati, a Davos sono state avanzate proposte che, da un lato, ricalcano i cambiamenti già in corso, dall’altro premono per accelerarli: la transizione ecologico-digitale, il transumanesimo, il ridimensionamento delle libertà personali all’insegna di un certo “capitalismo della sorveglianza”.

Uno degli aspetti più interessanti emersi a Davos alcuni anni fa è riassunto nello slogan “non avrai nulla e sarai felice”. Per la prima volta dopo il crollo dei regimi comunisti torna in voga il mito della distruzione della proprietà privata. In questo caso, però, non in nome di un egualitarismo utopico di stampo marxista o di un ideale di giustizia collettiva. L’ideologia di Davos vola molto più basso: essere proprietari di patrimoni consistenti (immobiliari in primis, ma non solo) comporta responsabilità e rischi di notevole portata. Meglio il “quieto vivere” di un’esistenza frugale e senza grandi ambizioni personali, tanto più che il mondo da troppi anni è travolto da crisi reiterate e sequenziali, di natura economica (sempre) e talora anche geopolitica o sanitaria. A risolvere i problemi di tale umanità rassegnata, non sarà più lo Stato, come avveniva nel comunismo novecentesco, ma grandi potentati finanziari e tecnocratici dalla natura (loro sì) privatistica e con un margine d’azione sconfinato. Il prezzo da pagare per il modesto benessere somministrato dalle nuove autorità sarà un controllo sempre più asfissiante sulla privacy dei cittadini, non disgiunto dalla cieca obbedienza verso i potenti e paternalistici “benefattori”.

Il microcosmo di Davos è lo specchio di un occidente in decadenza e non parliamo soltanto di una decadenza di costumi. La logica del World Economic Forum è fondamentalmente quella di accentuare le già esistenti divisioni tra ricchi e poveri, potenti e minus habens, forti e deboli. Non si tratta, però, di un mero classismo o di una semplice spinta a conservare avidamente i privilegi detenuti. A Davos, si tesse la trama per una rivoluzione che è riduttivo definire antropologica. Tra gli obiettivi di medio-lungo periodo che il World Economic Forum si pone, figurano: l’implementazione delle valute digitali delle banche centrali e degli ID digitali; l’istituzione di black out climatici; la messa al bando di veicoli a gas, dei fornelli e dei termostati a farfalla; il divieto di consumo di carni animali e lo sviluppo di carni coltivate in laboratorio e proteine a base di insetti; l’espansione delle tecnologie mediche obbligatorie; la promozione dell’intelligenza artificiale e, per l’appunto, il transumanesimo. Un “vasto programma” che punta a forgiare una sorta di nuova creazione. Per la prima volta, l’uomo si arroga il diritto di definire ciò che uomo è e ciò che non lo è. Sarebbe più giusto, quindi, qualificare quella del World Economic Forum come una rivoluzione spirituale, sullo sfondo di una guerra escatologica e apocalittica. Sappiamo bene, però, che ogniqualvolta l’uomo ha provato a mettersi al posto di Dio, magari con la presunzione di portare il paradiso in terra, ha sempre dato vita a un “molto rispettabile inferno”. Ogniqualvolta, l’uomo abbandona Dio per rassegnazione o presunzione, inizia la decadenza dell’umanità. Ogniqualvolta l’uomo di scopre debole e imperfetto, riscopre Dio e riguadagna in dignità.