È una storia che va avanti da 93 anni, senza interruzioni. Tutto nasce in un luogo non casuale: la #Polonia, baluardo di cristianità contro le due più grandi dittature del secolo scorso. E si conclude nella diocesi di origine del primo papa slavo della storia. A partire dalle apparizioni a suor Faustina Kowalska (1905-1938), la #DivinaMisericordia attraversa otto pontificati e un Concilio, la seconda guerra mondiale e i suoi lager, la guerra fredda e i suoi gulag, la rivoluzione del ‘68, il disgelo e la globalizzazione, il terrorismo islamico e lo scontro di civiltà.
Nel 1962, a un terzo del cammino, in occasione dell’apertura del Vaticano II, San Giovanni XXIII proclamò che la Chiesa, da quel momento in avanti avrebbe privilegiato la “medicina della misericordia” rispetto alle “armi del rigore”. In tempi molto più recenti, siamo stati testimoni della convocazione straordinaria di un Giubileo della Misericordia, durante il quale papa Francesco ha visitato la Polonia (2016), facendo tappa, come prevedibile, anche al santuario della Divina Misericordia, a Lagiewniki. È proprio affianco a tale santuario, che è situato il monastero delle suore della Beata Vergine della Misericordia, dove Santa Faustina dimorò gli ultimi due anni della sua vita. La mistica polacca è stata beatificata (1993) e canonizzata (2000) dal suo compatriota Giovanni Paolo II. Una serie di coincidenze provvidenziali assai significative.
La Misericordia trova il suo fondamento nell’Antico Testamento e nei Vangeli conosce il suo pieno compimento (cfr Mt 9,13; Lc 6,36). In nessuna epoca storica più della nostra, tuttavia, questo principio imprescindibile della nostra fede è stato ripetuto, ribadito e attualizzato a tutti i livelli e in tutti i linguaggi possibili. Per quale motivo? In primo luogo, perché viviamo in un’epoca pesantemente caratterizzata dal peccato e in cui il male è diventato ‘strutturale’. Apparendo a suor Faustina, Gesù è molto chiaro: “Oggi mando te a tutta l’Umanità con la mia Misericordia. Non voglio punire l’Umanità sofferente ma desidero guarirla e stringerla al mio cuore misericordioso” (Diario, 1588). E ancor prima: “L’Umanità non troverà pace finché non si rivolgerà con fiducia alla Divina Misericordia” (Diario, 300).
Il Cristo che supplica l’aiuto di suor Faustina non è il Gesù risorto e glorioso ma è il crocifisso sofferente e agonizzante. Anche per questo, si usa recitare la Coroncina della Divina Misericordia alle 15, ora in cui, secondo la tradizione, il Signore sarebbe spirato in croce il Venerdì Santo. Elena Kowalska (questo il nome secolare della santa) vede apparire per la prima volta Gesù, all’età di 18 anni, quando già ha avvertito la vocazione religiosa ma, per quieto vivere, ha obbedito alla volontà dei genitori, che preferirebbero per lei la vita laicale e il matrimonio. Durante un momento spensierato della sua gioventù a Lodz, un festa danzante da amici assieme alle sorelle, Elena vede apparire Gesù spogliato delle vesti, flagellato e piagato, che la rimprovera aspramente: “Quanto tempo ancora ti dovrò sopportare? Fino a quando mi ingannerai?”. E le ordina di partire “immediatamente” per Varsavia, per entrare in convento. La stessa asprezza – apparentemente assai poco misericordiosa! – sarà riscontrabile in Gesù, quando, poche settimane dopo l’inizio della sua vita religiosa, suor Faustina, rosa dal tarlo del dubbio, medita di cambiare congregazione. E Gesù, nuovamente piagato, in particolare nel volto, spiega che quello è il dolore fisico che le procurerebbe se uscisse da quell’ordine. “È qui che ti ho chiamato e non altrove e ho preparato per te molte grazie”, le ribadisce.
Questi episodi iniziali dell’esperienza mistica di Santa Faustina rappresentano un’enorme conferma: a monte della Divina Misericordia, c’è un Cristo offeso, piagato e piegato dai nostri stessi peccati. La seconda evidenza è che la Misericordia non implica mai un atteggiamento passivo, né tantomeno permissivista o indifferente. La Misericordia esige una risposta attiva e positiva nei confronti della propria vocazione e può richiedere scelte anche molto coraggiose. Il primo passo è sempre quello di Dio ma l’uomo è chiamato a mettere in gioco la sua libertà, dicendo di sì oppure di no.
Nel suo caso, Santa Faustina è stata chiamata a un doppio gravoso compito: da un lato vivere la quotidianità di un convento dove si lavorava duro e dove le consorelle non erano caritatevoli e sparlavano di lei; dall’altro lato, vi era l’incarico ‘straordinario’ che il Signore le affidava, ovvero la diffusione in tutto il mondo del culto della Divina Misericordia, con solennità liturgica da celebrarsi la domenica dopo Pasqua. Un principio fondamentale della nostra fede – come si accennava – ma non troppo scontato negli anni ’30 del secolo scorso: non solo a quell’epoca il mondo era profondamente diviso e solcato da ideologie di odio e di guerra, ma anche la Chiesa viveva una sua fase di sensibile inaridimento, con istituzioni ancora forti ma segnate da un formalismo eccessivo che rischiava di ingabbiare il cuore della spiritualità.
Nel dipinto che Gesù affida a suor Faustina c’è tutta l’essenza del Gesù risorto e rinvigorito dall’accettazione stessa della sua Misericordia da parte dell’umanità. Dalle sue ferite, alle mani, ai piedi e al costato, da cui sulla croce erano usciti sangue e acqua, spuntano ora raggi di due colori: “Il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime” (Diario, 299). Siamo di fronte, dunque, alla grazia sacramentale, nella quale si fondono i due simboli dell’Antica e della Nuova Alleanza.
Di fronte ai tanti fraintendimenti nei dibattiti odierni, di fronte alle tante banalizzazioni sulla natura della Misericordia divina, è opportuno ricordare che di Misericordia se ne potrà forse parlare a sproposito, eppure non se ne parlerà mai abbastanza. C’è bisogno, oggi più che mai, di diffondere il verbo della Misericordia ma, soprattutto, di praticarla, vuoi perché il peccato è capillarmente diffuso, vuoi perché, ovunque Dio sia rimosso, la sofferenza e il vuoto attanagliano gli uomini più di prima. Senza Dio siamo malati, allora quale miglior “medicina”? È ora che questa Divina Misericordia diventi anche umana, esca dalle sacrestie, trasformi il cuore degli uomini e la società. Per diffonderla, servono però uomini determinati e privi di retorica, amanti della verità, pronti a mettersi in discussione e a sacrificarsi. Non uomini straordinari o infallibili ma stupiti di fronte all’Uomo straordinario e infallibile, che è Gesù Cristo. La Misericordia, per essere realmente vissuta, ha bisogno dei santi del Terzo Millennio.