In uno dei momenti più dolorosi per il genere umano, mentre si consumava l’assassinio dell’Uomo si udì un dialogo: “Non sei forse tu il Cristo? Allora salva te stesso e anche noi!” e dall’altra parte: “Neanche tu hai timor di Dio, benché condannato alla stessa pena? Noi giustamente, poiché riceviamo il giusto per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male”. E’ lo scambio di battute tra Gesta e Disma: coloro che furono crocefissi insieme con il Nazzareno.
Ma cosa significa questo dialogo e perché gli evangelisti lo riportano? Per avere una idea più chiara dobbiamo capire bene il momento in cui avvengono questi fatti.
Cristo ha già subito la violenza fisica ed è stato inchiodato alla Croce. Non è più possibile infliggergli dolore fisico.
Per coloro che credono che il supplizio sia stato una esagerazione basti ricordare che fonti storiche attendibili e non cristiane raccontano che durante l’esecuzione mediante la crocifissione, la vittima doveva portare il “patibulum”, la parte orizzontale della croce, fino alla sede dell’esecuzione. Veniva distesa, poi, sul “patibulum” che aveva portato, posto a terra, e, a questo punto, venivano inchiodati i polsi con chiodi lunghi circa 20 cm. Sul luogo della Crocifissione c’era già un palo alto due metri, lo “stipes” mediante il quale si realizzava la croce.
La cattiveria umana, però, ha sempre mille risorse. Gesù viene sottoposto allo scherno. Luca ci racconta, infatti, che Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: “Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto”. Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell’aceto, e dicevano: “Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso”.
Cosa è più semplice per un dio se non sbaragliare gli eserciti e distruggere i nemici? Gesù invece dimostra di non essere un dio, ma il Vero Dio, mostrandosi umile, silenzioso, ubbidiente al volere del Padre. Lui sa che deve essere ucciso per salvare coloro che gli hanno usato violenza.
Disma, il ladrone che difende il Cristo dallo scherno dell’altro condannato, diventa in quel momento l’oggetto perfetto dell’azione del Vangelo di Cristo.
Nessuno uomo è caduto troppo in basso per non vedere la Luce di Dio. Quale incarnazione migliore della Luce se non quella di Cristo? Il buon ladrone, riconoscendo l’innocenza di Cristo riprende la profezia di Isaia: “Il giusto soffrirà!” e il Messia, con il suo sangue la porta a compimento.
Cristo, poi, compie un’atto straordinario. Accoglie con se il ladrone che lo ha riconosciuto davanti agli uomini “giusto” e “innocente” e lo porta con se il Paradiso.
Forse da questo episodio inizia il cammino di redenzione di tutti coloro che sono caduti nel baratro della perdizione. Forse Cristo ha voluto dedicare l’ultima sua amorevole azione per spiegare agli Uomini che solo attraverso di lui si arriva alla vita eterna e che solo attraverso lui si sperimenta l’immenso amore dell’essere perdonati.