E’ corretto ricevere la comunione in mano? Ce lo spiega un sacerdote

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Introduzione

Risponde don Roberto Gulino, docente di liturgia

Se ci guardiamo indietro vediamo come nelle prime comunità cristiane era normale ricevere il corpo di Cristo direttamente sulle mani; al riguardo vi sono numerose testimonianze, sia nell’area orientale, sia in quella occidentale: molti Padri della Chiesa – Tertulliano, Cipriano, Cirillo di Gerusalemme, Basilio, Teodoro di Mopsuestia… -, diversi canoni giuridici sanciti durante sinodi e concili (il Sinodo di Costantinopoli del 629; i Sinodi delle Gallie tra VI e VII secolo; il Concilio di Auxerre avvenuto tra il 561 e il 605…), fino alle testimonianze dell’VIII secolo di s. Beda il Venerabile e s. Giovanni Damasceno: tutti attestano la medesima diffusa tradizione.

In questi documenti si chiede sempre che il comunicarsi sulla mano avvenga con grande rispetto e devozione: pulizia delle mani per gli uomini, velo sulla mano per le donne, mani disposte a forma di croce… ed inoltre si indica la profonda attenzione da avere contro il pericolo di profanazione (da sempre tenuto di conto).

Quando nel medioevo alcune correnti teologiche misero in discussione la modalità della presenza reale di Cristo nel Santissimo Sacramento – arrivando alcuni a definirlo come un segno vuoto che richiama solo lontanamente la realtà sostanziale del Signore presente in mezzo a noi – la reazione della comunità ecclesiale fu di sottolineare maggiormente la venerazione e l’adorazione per le Specie Eucaristiche fino ad introdurre il nuovo rito di ricevere la Comunione direttamente sulla bocca ed in ginocchio proprio per sottolinearne la grandezza della presenza reale del corpo di Cristo.

Dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, attraverso l’Istruzione Memoriale Domini promulgata dalla S. Congregazione per il culto Divino il 29 maggio 1969, la Chiesa ha lasciato alle singole Conferenze Episcopali la possibilità di richiedere la facoltà di introdurre l’uso di ricevere la Comunione sulla mano.