Fase due: il calvario delle famiglie

Famiglia
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Nelle scorse settimane era circolata una notizia inquietante: un alto dirigente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva ipotizzato la possibilità di prelievo coatto da casa di malati di Covid-19 non gravi, per isolarli dai familiari e non permetterne il contagio. Le affermazioni erano state diffuse da Fox News, in maniera un po’ enfatica e manipolata, al punto che altre testate avevano subito gridato alla bufala. Un episodio di “ordinaria amministrazione”, dunque, nel mare magnum delle fake news che circolano da almeno tre mesi sulla pandemia. Se non fosse che, anche in Italia, sono già attive strutture alberghiere per l’isolamento volontario degli infetti asintomatici ed oligosintomatici e, a questo proposito, non sono mancati politici, come il presidente della Provincia Autonomia di Trento, Maurizio Fugatti, che hanno avanzato l’ipotesi di rendere in certi casi obbligatoria tale procedura. Si tratta – è vero – di soluzioni estreme, tuttavia, come ben sappiamo, la finestra di Overton è sempre dietro l’angolo: un’idea inizialmente considerata folle, se inizia a circolare rapidamente, produrrà assuefazione nelle menti più manipolabili, con il rischio evidente di una sua normalizzazione. È accaduto così con ideologie oggi fortunatamente sconfitte dalla Storia, come il nazismo, dal quale, però, abbiamo sciaguratamente ereditato lo sdoganamento dell’eutanasia e di altre aberranti pratiche eugenetiche, oggi considerate da molti eticamente accettabili.

Alla luce di ciò, la pandemia di Covid-19 ci impone di stare estremamente vigili, in special modo su quanto sta accadendo alle famiglie. Se l’ipotesi dell’allontanamento coatto dei soggetti positivi dalle loro famiglie rimane al momento una distopia, altre situazioni sono già una triste realtà. Il lockdown che, da lunedì scorso, ha iniziato il suo progressivo allentamento, ha provocato, in soli due mesi, una serie di disagi incalcolabili. Rimanere chiusi in casa per un tempo simile, spesso in abitazioni dagli spazi limitati e difficilmente gestibili, specie in presenza di anziani, bambini o adolescenti, è una sfida che richiede nervi saldi e una pazienza incredibile. Molte coppie hanno dovuto fare i conti con lo stato di salute della propria relazione coniugale, prendendo atto di essere in crisi o – se già lo erano – hanno dovuto fronteggiare il gelo imbarazzante di una “separazione in casa” h24. La norma che, inizialmente, imponeva il divieto di passeggiata per i bambini accompagnati dai genitori era palesemente assurda. Anche l’impossibilità per i nonni di essere visitati dai propri nipoti, benché motivata da nobili ragioni sanitarie, risulta piuttosto difficile da giustificare fino in fondo. Gli anziani sono sicuramente l’anello debole di questa catena e l’intenzione di preservarli da un virus per loro potenzialmente letale ha avuto l’effetto paradossale di isolarli ulteriormente dalla società e dalle proprie famiglie. Se è indiscutibilmente pietoso e ingiusto il destino delle migliaia di ospiti delle RSA infettati dal Covid, non meno meritevole di compassione è la solitudine di molti nonni, ai quali, pur vivendo in casa propria, da troppo tempo è precluso l’abbraccio dei propri cari.

Gli adolescenti non se la passano meglio. Senza dubbio, la didattica a distanza (DAD) pone problemi organizzativi notevolissimi per tutti i soggetti coinvolti – insegnanti, studenti e genitori – tuttavia il problema va molto oltre la semplice logistica. Il processo educativo non è fatto di sole nozioni scolastiche ma anche di relazioni con gli adulti e con i propri coetanei, attraverso le quali il ragazzo impara a diventare uomo. Non ci si può illudere, dunque, che la vita di un adolescente si possa ridurre a una comunicazione virtuale senza soluzione di continuità: l’alienazione e il disagio sono dietro l’angolo. C’è quindi da augurarsi che, quantomeno a partire dal prossimo autunno, a pandemia – ci si augura – conclusa, le lezioni ‘reali’ e la presenza fisica negli edifici scolastici tornino ad essere la regola e la DAD l’eccezione.

Che dire, poi, delle generazioni intermedie? I genitori non solo devono barcamenarsi con le complicazioni della DAD (che, va ricordato, comporta costi non indifferenti per i tablet e le altre strumentazioni informatiche), particolarmente ostiche per i non nativi digitali ma devono anche fare i conti con stipendi che non ci sono più, con i benefici del Decreto Liquidità che arrivano col contagocce, con i 600 euro per le partite IVA non pervenuti. In questa ennesima devastante crisi economica, tanto per cambiare, le famiglie – e in particolare le famiglie numerose – si rivelano il soggetto più vulnerabile e più trascurato dalle istituzioni.

Sbaglieremmo, però, se volessimo ridurre il calvario delle famiglie a puro dato economico o psico-sociale. Sorvolando sull’ameno svarione semantico dei “congiunti” (comunque rivelativo di un’imbarazzante superficialità e di una scarsa conoscenza della vita concreta delle persone comuni), ciò che inquieta di più è la pretesa del governo e delle relative burocrazie e task force di entrare letteralmente nelle case degli italiani e di regolare, spesso con piglio paternalista e a suon di “vi consentiamo”, la vita privata dei cittadini, finanche nei suoi risvolti affettivi. Se è vero che – per un periodo si spera più breve possibile – un minimo di distanziamento sociale si renderà necessario, l’impressione ricorrente in un ampio numero di italiani è che lo Stato stia fortemente sottovalutando il senso di responsabilità delle famiglie italiane, la loro capacità di organizzarsi e, entro certi limiti, di autodisciplinarsi secondo i principi del diritto naturale.

Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica lo sottolinea: la famiglia è un’“istituzione” che “precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica autorità; si impone da sé” (CCC 2202). Oltre ad essere “la cellula originaria della vita sociale”, la famiglia è “la società naturale in cui l’uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell’amore e nel dono della vita. L’autorità, la stabilità e la vita di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della libertà, della sicurezza, della fraternità nell’ambito della società”. Inoltre, nell’ambito della famiglia, “si possono apprendere i valori morali, si può incominciare ad onorare Dio e a fare buon uso della libertà” (CCC 2207). La famiglia, in definitiva, preesiste allo Stato e ne è uno degli elementi costitutivi. Vi sono, quindi, una serie di prerogative proprie della famiglia, in cui lo Stato non potrà intromettersi. Prima tra tutte: la libertà educativa. Se un virus è in circolazione, le effusioni, anche tra parenti, saranno evidentemente limitate dal buon senso delle persone ma un abbraccio non potrà mai essere vietato per decreto… Al di là degli aspetti involontariamente comici o grotteschi delle norme attualmente vigenti, non va dimenticata l’importanza del connubio famiglia-libertà: la salute non va affatto sottovalutata ma non potrà mai scardinare questo binomio vitale.