Grati per rendere migliore il mondo

gratitudine, giovani, mani tese
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C’è una dimensione della nostra vita che la rende piena e che rende soddisfacenti le nostre relazioni. Si racchiude in una parola: GRAZIE. Questa sgorga da un cuore che si riconosce preceduto dalla grazia e dall’amore, che sa, che la sua vita non è un caso, ma un dono d’amore. Questo il messaggio che oggi il Santo Padre ci offre nella settimanale udienza, che si inserisce ancora nel ciclo riguardante il tema della preghiera.

Ci viene proposto per questa riflessione il brano del Vangelo di Luca, in cui i 10 lebbrosi risanati da Gesù si fidano e si dirigono verso i sacerdoti per la certificazione sulla guarigione, ma solo uno di loro si ricorda di dare voce alla sua riconoscenza (cf Lc 17,13-18). Lo spunto che ci viene da questo testo, è chiaro e richiama una sorta di scelta senza sfumature: o siamo donne e uomini capaci di dire “grazie”, o apparteniamo a coloro che danno tutto per scontato e per dovuto. In questo senso, ci ricorda il Papa, il ringraziamento è come ossigeno alla nostra vita. “Siamo stati pensati prima che imparassimo a pensare; siamo stati amati prima che imparassimo ad amare; siamo stati desiderati prima che nel nostro cuore spuntasse un desiderio. Se guardiamo la vita così, allora il “grazie” diventa il motivo conduttore delle nostre giornate”. Questo ci porta alla conclusione che solo una vita grata è vita nella letizia e vice versa: chi è gioioso, lo è perché, come recita il CCC «ogni avvenimento e ogni necessità può diventare motivo di ringraziamento» (n. 2638)

Ricordarsi questo “debito di riconoscenza” significa vivere nella consapevolezza del dono continuo e dell’accoglienza continua che ci viene riservata da Dio e da tutte quelle figure umane, che ci hanno dato una mano nel cammino della vita. L’ex lebbroso samaritano ha il cuore pieno di gratitudine, perché ha incontrato davvero Gesù, cioè ha sperimentato la certezza di essere da lui amato, che poi è fondamento dell’esistenza e della crescita di ogni vita umana. “Non siamo più viandanti errabondi che vagano qua e là, no: abbiamo una casa, dimoriamo in Cristo, e da questa “dimora” contempliamo tutto il resto del mondo, ed esso ci appare infinitamente più bello. Siamo figli dell’amore, siamo fratelli dell’amore. Siamo uomini e donne di grazia”.

Papa Francesco conclude la catechesi di oggi, esortandoci ad essere testimoni dell’incontro fondante con Cristo, attraverso la nostra gioia e la nostra riconoscenza, sentimenti sorelle. Infatti, sono essi un raggio della speranza per la vita del mondo, anche nel nostro piccolo. In ultimo il nostro udito spirituale viene ancora portato verso il brano di San Paolo, letto all’inizio dell’udienza di oggi, tratto dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi. Pregate, rendete grazie, non spegnete lo Spirito: atteggiamenti che ci portano alla gratitudine, questa virtù che contraddistingue persone mature nella fede, consapevoli di non essersi prodotti nulla da sé, ma di aver ricevuto tutto in dono.