Il buio: spazio per la lode

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In ogni nostra giornata e in ogni periodo della vita, ci sono motivi per sprigionare la lode a Dio. La catechesi odierna del Santo Padre, si inserisce in un vissuto storico di insicurezza, di drammi, di buio che sembra avvolgere tutto il mondo. Papa Francesco ci propone oggi la riflessione sulla capacità di lodare il Signore, per dare un nuovo senso, una nuova lettura anche laddove sembra non ci siano più speranze.

Ci viene proposto come introduzione il brano dell’evangelista Matteo, capitolo 11. Ne percepiamo due crisi in atto. La prima, è quella di Giovanni il Battista che “dubita e gli fa arrivare questo messaggio – Giovanni è in carcere: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3). Lui sente questa angoscia di non sapere se ha sbagliato nell’annuncio. Sempre ci sono nella vita momenti bui, momenti di notte spirituale, e Giovanni sta passando questo momento”. Nemmeno il Figlio di Dio ne è esente, infatti, pur sentendo l’ostilità dei villaggi dove aveva fatto dei miracoli, cosa che potrebbe costituire una criticità per Lui, non si lamenta, ma innalza al Padre l’inno di lode.

Cosa c’è di così tanto importante, che spinge Gesù a vedere la luce anche nel buio? Papa Francesco ci propone due motivazioni, che traspaiono dal testo biblico. La prima è l’identità stessa e la presenza di Dio. “Gesù gioisce nel suo spirito perché sa e sente che suo Padre è il Dio dell’universo, e viceversa il Signore di tutto ciò che esiste è il Padre, «il Padre mio». Da questa esperienza di sentirsi “il figlio dell’Altissimo” scaturisce la lode. Gesù si sente figlio dell’Altissimo”. È il ritorno all’essenza delle cose. Anche noi siamo invitati, nei momenti più difficili e incomprensibili a ricordarci di non essere soli, di non essere “nessuno”, ma di avere un’identità che ci proviene dalla figliolanza divina, di avere sempre un Padre premuroso. La seconda forte motivazione per lodare Dio è la sua predilezione verso i poveri. Ognuno di noi ha il diritto e per certi versi anche il dovere, di sentirsi piccolo e bisognoso davanti a Colui che ci ha creati. “(…) i “dotti” e i “sapienti” rimangono sospettosi e chiusi, fanno dei calcoli; mentre i “piccoli” si aprono e accolgono il messaggio. Questo non può che essere volontà del Padre, e Gesù se ne rallegra. Anche noi dobbiamo gioire e lodare Dio perché le persone umili e semplici accolgono il Vangelo”. Anche noi possiamo ammettere di essere deboli, di essere bisognosi e con questo possiamo sentirci immensamente amati e attenzionati dal Padre buono. E’ quando “perdiamo il potere” sulla nostra vita, che la vita stessa si apre alla grazia, che sempre ci assiste. “Anche noi, lettori del Vangelo, a giudicare in maniera diversa le nostre sconfitte personali, le situazioni in cui non vediamo chiara la presenza e l’azione di Dio, quando sembra che il male prevalga e non ci sia modo di arrestarlo. Gesù, che pure ha tanto raccomandato la preghiera di domanda, proprio nel momento in cui avrebbe avuto motivo di chiedere spiegazioni al Padre, invece si mette a lodarlo. Sembra una contraddizione, ma è lì, la verità”.

Il Papa ci ricorda come questo sia possibile per tutti noi, chiamati alla santità, sull’esempio dei santi. Riporta a questo proposito il Cantico delle Creature di san Francesco d’Assisi. Composto nel momento che per il Poverello poteva essere considerato buio da tanti punti di vista, diventa ancora lode e benedizione, persino per la morte, “sorella morte corporale”, che in quel periodo il santo sente ormai vicina. È un’occasione per la purificazione delle nostre vite, ci ricorda il Pontefice, per poter percepire, nella fede, con sempre più sicurezza e abbandono, la presenza del Dio, Amico fedele.

Sì, perché sebbene Egli non abbia bisogno della nostra lode, ne riceviamo sempre noi un beneficio incommensurabile, quello della consapevolezza della Presenza, tutta per noi e con noi, che non viene mai meno.