Il matrimonio di Ana e Luka è sopravvissuto alla separazione grazie al Santo Rosario

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Una storia d’amore esemplare

Olga Brajnovich è la figlia di Luka Brajnovich e Ana Tijan, entrambi croati, che ha deciso di scrivere un libro “Una odisea de amor y guerra” nel quale racconta la storia d’amore dei suoi genitori, attraverso le annotazioni che suo padre Luka scriveva in un diario.

All’epoca dei fatti, si trovavano nel pieno regime comunista di Tito, nell’ex Jugoslavia, e per questo Luka e Ana dovettero vivere separati per 12 anni, dopo aver convissuto per un anno e mezzo.

Olga è giornalista come suo padre, in questo libro racconta una delle tante peripezie di suo padre, quando si è esiliato dall’ex Jugoslavia di Tito e quando era stato perseguitato dai fascisti italiani di Mussolini e dagli ustascia (organizzazione razzista croata sostenuta dai nazisti) di Ante Pavelich.

Luka trascorse per 12 anni la sua vita lontana dalla moglie e dalla figlia. Lui uomo coraggioso, non aveva avuto paura a criticare Benito Mussolini e il regime ustascia.

Luka conosce la moglie Ana a Zagabria, laureato in giurisprudenza, mentre la moglie studiava nella capitale della Croazia, filosofia slava.

Entrambi facevano parte di un movimento cattolico chiamato Domagój, fondato nel 1906.

Luka era molto cattolico, aveva una particolare obbedienza al Papa, frequentava i sacramenti e partecipava alla Santa Messa, e nutriva una particolare devozione per il santo rosario.

Si innamora della moglie Ana in piena Seconda Guerra Mondiale, e nel 1943 quando su Zagabria ogni giorno cadevano le bombe, loro decisero di sposarsi.

Gli ustascia chiusero il quotidiano Hrvatska Straza (Avanguardia Croata) perché aveva pubblicato un discorso di Papa Pio XII contro il razzismo ed esponeva la dottrina cattolica sulla dignità della persona.

Luka nonostante fu avvisato di non farlo, lo pubblicò lo stesso.

Un giorno Luka dovette fare un reportage lontano da Zagabria, così prese il treno che venne attaccato subito dopo da un gruppo di partigiani armati e con le bombe, Luka si salvò per miracolo ma venne fatto prigioniero e spedito in un campo di concentramento.

Fu condannato a morte ma al momento dell’esecuzione si salvò perché videro che era un giornalista.

I partigiani cercarono di convincerlo a scrivere per loro, ma Luka rifiutò e così le sue giornate nel campo di concentramento si trasformarono in lunghe camminate scalze, senza cibo, provando oltre che alla fame anche il freddo in mezzo ai boschi della Croazia.

A seguito di un attacco aereo di Mussolini, riuscì a ottenere un salvacondotto e a fuggire dal campo di concentramento. A Zagabria l’aspettava la sua fidanzata Ana e la sua famiglia.

Luka e Ana, una volta sposati, vissero insieme per un anno e mezzo, in quel periodo vennero uccisi due fratelli, uno sacerdote e l’altro soldato.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale nacque la loro bambina Elica.

Visto che i partigiani perseguitavano Luka perché non aveva accettato di collaborare con loro in quanto erano comunisti, l’uomo con grande dolore decise di andare in esilio nel 1945, pensando di riabbracciare a breve termine la sua famiglia. Ma da quel giorno passeranno 12 anni.

Né la guerra, né l’esilio, né le persecuzioni sono riusciti a dividere Luka e Ana che si amavano intensamente ed entrambi nutrivano un grande amore per la Madonna di Fatima.

Erano meravigliose le lettere che Luka scriveva dal campo di concentramento alla sua amata Ana.

Luka è morto a Pamplona nel 2001 dopo aver vissuto altri 45 anni con la sua amata Ana, morta nel 2017.

Rita Sberna