Non ha bisogno di presentazioni il grande #LinoBanfi, un gran bel #personaggio e #artista con una lunga #carriera #cinematografica che qualche mese fa ha festeggiato 81 anni.
E’ attore, comico, scrittore, sceneggiatore ed è anche il nonno più famoso d’Italia.
Lo abbiamo intervistato per conoscerlo sotto un aspetto più profondo e spirituale.
Dal 1998 veste i panni di Nonno Libero nella famiglia allargata di “Un medico in Famiglia”. Oggi le famiglie allargate sono tante ed è per questo che sia Papa Francesco ma anche Benedetto XVI hanno affrontato il problema.
Qual è il suo pensiero in merito alla comunione ai divorziati risposati?
E’ un argomento che ho sempre capito, saputo e condiviso ma non mi riguarda perché io ho un grande esempio di famiglia unica.
Quando Papa Benedetto XVI mi abbracciò per la prima volta mi chiese “Ma è sposato una sola volta Banfi?” E io gli risposi che ero sposato da 55 anni e 10 anni di fidanzamento … per cui ho una famiglia ferrea e forte e non conosco questo tipo di problema.
Però ammiro quando le famiglie allargate vanno d’accordo.
Cosa accomuna Nonno Libero a Lino Banfi?
Ci sono poche differenze nel senso che io sono molto simile a quando interpreto Nonno Libero.
Un grande complimento che mi fece il Regista Monicelli della Commedia italiana, fu quando mi disse “Tu mi piaci perché non sei attore” io lì per lì, lo guardai stupìto e lui proseguì dicendo “Tu sei Banfi, tu non reciti ma sei te stesso”.
Questo è stato il più grande complimento.
Quanto ha inciso la fede nel suo percorso di vita?
La fede nel mio percorso di vita ha inciso tanto, l’ho sempre avuta sin da ragazzino, ho fatto 5 anni di seminario e mi sono istruito bene in teologia, latino, greco e mi sono servite per la vita.
Non sono uno che esagera ad andare in chiesa, anzi evito di andare nelle chiese quando sono affollate perché la mia presenza distrae i fedeli. Molti durante la messa mi chiedono di fare i selfie, non mi sembra giusto e allora me ne vado e preferisco andare in chiesa quando non c’è nessuno, mi raccolgo in preghiera e vado via.
“Se avessi un figlio gay” è uno dei capitoli del libro che ha scritto nel 2003. Qual è la sua posizione in merito?
La mia posizione è quella di voler dire ai padri che hanno un figlio gay, che non è un problema ma di fare come ho fatto io nei miei film come nel film “Il padre delle spose” cioè affrontare l’argomento.
Bisogna stare vicini ai figli specialmente in quei casi in cui hanno bisogno ancora di più, di sentirsi amati dai propri genitori.
Da ragazzo ha frequentato il seminario per 5 anni. Voleva farsi prete?
Si è vero. Nelle famiglie umili di agricoltori come la mia, quando un figlio voleva studiare, dicevano che per nobilitare la razza era buono diventare prete.
Anche far ridere le persone possiamo dire che è una vocazione ed un carisma?!
E’ una missione, non è facile oggi far ridere le persone e quindi mi ritengo fortunato a riuscire ancora a farlo ad 81 anni.
Spesso si reca a San Giovanni Rotondo. Come nasce la vocazione per San Pio?
Carlo Campanile era un grande attore della televisione e del cinema di molti anni fa, ed era un fedelissimo di Padre Pio, ci diceva spesso, a me e ad altri attori di andare a San Giovanni Rotondo.
Non feci in tempo a conoscere Padre Pio da vivo, ma dopo anni andai a San Giovanni Rotondo insieme ad amici di Foggia e a Renzo Arbore, intorno agli anni 90 mi recai lì la prima volta.
Da allora vado spesso a trovarlo e sto in preghiera davanti alla sua tomba.
Tantissimi anni fa, ma proprio tanti …arrivò a Milano e dormiva per strada alla stazione. Perché?
Perché eravamo poveri di famiglia e non c’avevamo né soldi e né un mestiere.
Ma col senno di poi, posso dire di avercela fatta.
Servizio di Rita Sberna