Quando l’autore del film “L’esorcista” giocò con una tavola ouija

Quando l'autore del film

Quando gli venne chiesto se si era spaventato scrivendo il libro, Blatty disse:

Non vorrei sembrare pazzo,ma mentre scrivevo l’ultimo capitolo e l’epilogo ho avuto una serie di esperienze bizzarre. Per la prima volta nella vita mi sono trovato ad essere attaccato a una tavola ouija per dieci giorni.Non l’avevo mai fatto prima, ma ho visto che non riuscivo a smettere, e ho avuto la netta sensazione che stessi comunicando con i defunti. Sì, concordo sul fatto che potesse essere dovuto ad autosuggestione, e sapevo come funzionava la tavola ouija perché avevo fatto molte ricerche sul tema per il libro, ma c’erano certe cose inspiegabili a livello razionale.Ho pensato che fosse mio padre che stava comunicando con me, e ho cercato qualcuno che mi aiutasse a validare quell’esperienza. Era una ragazzina che poteva andare in trance ipnotica autoimposta e che avrebbe mosso la tavoletta sulla tavola ouija. Io non l’ho toccata affatto e ho posto le domande in arabo, di cui lei non capiva neanche una parola, eppure ho ottenuto le risposte esatte.Ma poi ho pensato che forse stavo formulando le risposte mentalmente in inglese e lei le prendeva da me telepaticamente.

Blatty ha detto a Connolly che dopo aver sperimentato la tavola ouija hanno continuato ad accadere cose strane e inspiegabili:

Poi ci sono state esperienze di poltergeist. Durante la revisione del libro a casa di un amico ha suonato il telefono, e all’improvviso la cornetta si è staccata dalla forcella. È successo prima a lui e poi a me. Ho chiesto a un amico esperto di acustica presso il Kennedy Center quali erano le possibilità che potesse accadere a livello elettrico e ha risposto che era impossibile, cosa confermata anche dagli ingegneri della compagnia telefonica di due Stati. Ma entrambi lo avevamo visto. È stato il culmine di numerosi incidenti, ma è stato quello che non poteva essere spiegato in alcun modo. Poi una macchina da scrivere elettrica ha scritto una riga in un linguaggio incomprensibile, ma non so niente di cose elettriche. Magari c’era un corto circuito da qualche parte. Era possibile.

All’epoca dell’intervista, l’autore non era un cattolico fervente ma “rilassato”, in seguito, grazie a Dio, è diventato un cattolico praticante.

Ciò che gli ha insegnato questa sua esperienza è “credere che le possessioni esistono e sono una cosa reale”.

Rita Sberna