L’ipocrisia di chi vorrebbe “salvare il Natale”

Natale Babbo Natale
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La circolare della discordia è stata ritirata. Avrebbe imposto ai dipendenti dell’Unione Europea e agli europarlamentari il divieto di dire “Buon Natale” e “signore e signore”, di pronunciare nomi come “Giovanni” o “Maria” perché troppo cristiani. L’abbiamo scampata bella? Mica tanto, a giudicare dalle dichiarazioni dell’artefice dell’ennesimo esilarante documento scaturito dalle cancellerie di Bruxelles. “La versione pubblicata delle linee guida non serve adeguatamente allo scopo – ha dichiarato la commissaria all’Uguaglianza, Helena Dalli –. Non è un documento maturo e non soddisfa tutti gli standard qualitativi della Commissione. Le linee guida hanno chiaramente bisogno di più lavoro. Pertanto, ritiro le linee guida e lavorerò ulteriormente su questo documento”. Un modo per dire, nel consueto stile euroburocratese, che i paladini della neolingua ultralaicista e gender fluid non si arrendono e presto torneranno alla carica.

L’intento della commissaria Dalli sarebbe stato quello di “illustrare la diversità della cultura europea e dimostrare la natura inclusiva della Commissione Europea nei confronti di tutti i percorsi di vita e i credi religiosi”. Talmente inclusiva che il Natale ed altri importanti simboli cristiani, ancora una volta, stavano per essere messi alla porta. La cristianofobia impazza da anni – lo sappiamo bene – e dilaga soprattutto tra le boriose élite plutocratiche. Al contrario, il popolo, che vive di sacrifici e di umiliazioni, sembra ancora resistere al rullo compressore del triste nonsenso materialista delle classi dirigenti. Se il presepe continua ad essere considerato offensivo nei confronti dei non cristiani (i quali, in realtà, in larga parte lo apprezzano, ma questo è un altro discorso…), persino gli altri simboli natalizi, quelli più “laicamente accettabili” non se la passano troppo bene.

Quale migliore occasione, ad esempio, per de-formare le menti e le coscienze dei più piccoli, di un Babbo Natale gay? L’idea è nata in Norvegia, con uno spot pubblicitario delle poste nazionali, per celebrare i 50 anni dalla depenalizzazione dell’omosessualità nel paese scandinavo. Gli ineffabili anfitrioni italici del politicamente corretto si sono affrettati a plaudire all’iniziativa, sciorinando il solito stanco panegirico delle culture nordeuropee più aperte e inclusive, dimenticando, però, che proprio l’Italia aveva depenalizzato i comportamenti omosessuali già nel 1890: quasi un secolo prima del Regno Unito (1967), della Germania (1969) e della stessa Norvegia (1971).

Il Natale vero – quello cristiano – continua a far venire le orticarie a tanti nuovi benpensanti. Gli stessi che, comunque – c’è da scommetterci – verrebbero presi da attacchi di panico se, per ipotesi, a qualche funzionario più zelante di loro venisse in mente l’idea di cancellare il Natale, Santo Stefano o l’Epifania come giorni festivi. Niente più cenone coi familiari! Niente più settimana bianca! Anche il più incallito mangiapreti accoglierebbe l’impopolare novità come una catastrofe irrimediabile.

Agli zelanti adepti del Natale consumista, si sta però affiancando una nuova curiosissima categoria: coloro che affermano di voler “salvare il Natale” dalla pandemia. Superfluo ribadire che la preoccupazione dei suddetti politici e burocratici è riferita solamente allo shopping e agli eventi natalizi in generale, con l’aggiunta di qualche consiglio non richiesto per l’organizzazione del cenone, dal quale, a loro dire, andrebbero esclusi i non vaccinati. Nessuna parola spesa, ci mancherebbe, per il divieto – replicato anche quest’anno – alla celebrazione delle messe di mezzanotte della Vigilia e ad altri riti come le processioni. Emblematico anche il fatto che, tra pochi giorni, per il secondo anno di seguito, papa Francesco si recherà a piazza di Spagna per il tradizionale omaggio all’Immacolata, in forma privata, senza alcuna folla di fedeli presente. Se le restrizioni riguardano la Chiesa, anziché i centri commerciali, gli impianti sportivi o i teatri, l’indifferenza dei “padroni del discorso” regna sovrana.

Qualcuno salvi il Natale è anche il titolo di una surreale commediola americana girata non molti anni fa: anche lì il riferimento era a Santa Claus e al Natale secolarizzato, da sempre in auge oltreoceano, con una spruzzatina di elfi e di esoterismo per conservare un’illusoria magia. C’è ancora, però, chi pensa che il Natale non sia una favola o un mito, né tantomeno che necessiti di essere salvato, in quanto è questa festa – o meglio, il suo “Festeggiato” – che salverà tutti noi.