Migranti: la vera posizione della Chiesa e di papa Francesco
Non c’è epoca della #storia che non sia stata caratterizzata da #migrazioni. Popolo di #migranti per definizione è stato, circa tre millenni fa, il popolo di #Israele, specie dopo la liberazione dalla schiavitù d’Egitto. La condizione migratoria è ricordata anche da Gesù: “Ero forestiero e mi avete accolto” (Mt 25,35). Anche alla luce delle Sacre Scritture, quindi, la Chiesa Cattolica ha sempre avuto a cuore la condizione dei migranti, qualunque fosse la loro provenienza e identità cultural-religiosa. Ne è la riprova la proclamazione di una patrona dei migranti nella persona di Santa Francesca Cabrini (1850-1917).
Su questo tema il magistero si è espresso in tante occasioni, specie a partire dal post-Concilio e dal beato Paolo VI. Lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica riconosce il “diritto di emigrare” (CCC 2211), bilanciato tuttavia dalla facoltà da parte delle autorità politiche di “subordinare l’esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie”, oltre che al “patrimonio materiale e spirituale” dello stesso paese ospitante, nonché all’obbedienza alle leggi vigenti e alla contribuzione agli oneri (cfr CCC 2212). Tutti principi mai sconfessati nemmeno da papa Francesco, di cui pure la stampa tende a porre l’accento in modo particolare sui diritti dei migranti stessi. Nel messaggio per la 104° Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato – che si celebra domani – il Santo Padre ha infatti suggerito ai governi di incrementare le misure a beneficio dei migranti: dalle “soluzioni alternative alla detenzione” per i clandestini, alla semplificazione delle pratiche per il ricongiungimento familiare, fino al diritto di accesso alla pubblica istruzione dei minori, al servizio sanitario nazionale e al sistema pensionistico.
Fatte salve queste premesse, un minimo di onestà intellettuale consiglierebbe di non annoverare il Santo Padre tra i complici dell’“immigrazione selvaggia”, della “sostituzione etnica” e di altri fenomeni ai confini tra complotto e realtà. A conferma di ciò non vi sono solamente i richiami che il Papa ha rivolto, in almeno quattro occasioni (1), sui doveri dell’immigrato a rispettare i principi del paese che lo ospita ma anche l’incoraggiamento che il suo magistero imprime sullo sviluppo socio-economico, in particolare nelle aree più povere del pianeta (a tale scopo nel 2016 Francesco ha anche istituito il Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale) e la guerra senza quartiere che, da qualche anno, la Chiesa – non solo a parole ma con i fatti – ha dichiarato nei confronti delle nuove schiavitù e della tratta delle persone umane. Lo sviluppo socio-economico è indubbiamente un disincentivo all’emigrazione, specie per i paesi più disagiati, così come il contrasto al caporalato e allo sfruttamento della manodopera a basso costo è un’altra misura che fa da detonatore ai fenomeni dell’immigrazione illegale, degli scafisti e di tutte le speculazioni intorno ai disperati in fuga dal Sud del mondo.
C’è inoltre da notare come molti partiti e movimenti politici abbiano fatto proprio il principio dell’accoglienza al migrante, senza però essere stati capaci di concretizzarlo come invece da secoli fa la Chiesa Cattolica, peraltro quasi sempre in modo disinteressato e senza fini di proselitismo.