Solo se l’uomo odierno parte dalla sua fragilità, allora può riprendere il cammino e proiettarsi sul suo futuro. La fragilità può essere considerata un punto di forza e di rilancio. È, pertanto, la via che il Dio cristiano ha scelto per salvare l’uomo e renderlo partecipe della sua natura divina. Infatti, con l’incarnazione, il Dio onnipotente si mostra fragile. Egli assume la fragilità dell’uomo facendosi simile a lui (Fil2, 6 ss). Il Dio cristiano, entrando nella storia, soffre, fatica, muore come ogni uomo. La fragilità di Dio diventa l’esempio ed il punto di forza per ogni cristiano. I primi a fare quest’esperienza furono Maria e Giuseppe, i quali erano stati informati dall’Angelo che il bambino così fragile era Dio onnipotente. A Maria fu detto: “Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre” (Lc1, 31-32). I genitori di Gesù vedendolo così piccolo e fragile, hanno creduto alla promessa di Dio e sono andati avanti con forza e speranza.
Papa Francesco ha seguito la stessa strada facendoci vedere la forza della fragilità; quando il 4 luglio, alla fine della preghiera dell’Angelus in Piazza S. Pietro, ha annunciato il suo prossimo viaggio apostolico. Due ore dopo, abbiamo appreso la notizia che il pontefice era stato ricoverato al Gemelli per un intervento. Nonostante il Papa fosse al corrente del suo ricovero, ha continuato a confidare in Dio buono e a programmare la sua vita senza bloccarsi. Le difficoltà umane e spirituali che richiamano la nostra fragilità, devono spingerci a guardare oltre proiettandoci nel futuro. Gli apostoli stessi, dopo la morte di Gesù, erano impauriti, ma con la forza dello Spirito Santo disceso su di loro nella Pentecoste, sono andati in tutto il mondo ad annunciare il Vangelo. Essi hanno toccato con mano la loro fragilità e da quella hanno attinto forza.
In questi giorni al Gemelli il Santo padre ha avuto l’occasione di sperimentare la propria fragilità e quella degli altri nella malattia. Sicuramente uscirà più forte di prima e continuerà la sua missione di pastore della Chiesa universale. In questi anni del suo pontificato, ci ha sempre ricordato di abbracciare le nostre fragilità e quelle degli altri per ripartire da esse. Dio infatti ama le nostre fragilità. Le fragilità e le sofferenze derivate dalla pandemia diventano la nostra forza per vivere con slancio guadando il futuro con speranza.
Articolo di Angele Rachel Bilegue