Papa Francesco: gli anziani, luce per gli altri

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Siamo alla conclusione delle catechesi sulla vecchiaia che ci ha presentato in questi mesi Papa Francesco. Il riferimento di oggi è fortemente improntato alla speranza. Ci rifacciamo alla festa recentemente celebrata, dell’Assunzione di Maria al cielo, come indicazione del nostro destino, la risurrezione.

Il Pontefice ribadisce il rapporto di questa singolare “scomparsa” di Maria, con la risurrezione del Figlio. Viene infatti anticipato il destino della risurrezione che ci riguarda: perché, secondo la fede cristiana, il Risorto è primogenito di molti fratelli e sorelle. Il Signore risorto è Colui che è andato prima, che è risorto prima di tutti, poi andremo noi: questo è il nostro destino: risorgere.

Secondo quanto a suo tempo Gesù ebbe a spiegare a Nicodemo, è una seconda nascita, quella, che viene appunto attesa nell’età anziana. Come, appena usciti dal seno di nostra madre, siamo sempre noi, lo stesso essere umano che era nel grembo, così, dopo la morte, nasciamo al cielo, allo spazio di Dio, e siamo ancora noi che abbiamo camminato su questa terra. Analogamente a quanto è accaduto a Gesù: il Risorto è sempre Gesù: non perde la sua umanità, il suo vissuto, e neppure la sua corporeità, no, perché senza di essa non sarebbe più Lui, non sarebbe Gesù: cioè, con la sua umanità, con il suo vissuto.

Così, siccome Dio ha abbracciato tutte le nostre esperienze umane, tranne il peccato, non abbandona l’uomo e la storia. Dice infatti Francesco: Gesù risorto con il suo corpo vive nell’intimità trinitaria di Dio! E in essa non perde la memoria, non abbandona la propria storia, non scioglie le relazioni in cui è vissuto sulla terra. Ai suoi amici ha promesso: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3). Lui se ne è andato per preparare il posto a tutti noi e dopo aver preparato un posto verrà. Non verrà solo alla fine per tutti, verrà ogni volta per ognuno di noi. Verrà a cercarci per portarci da Lui.

E qui il ruolo dei nostri anziani. Se il Regno di Dio, come ci dice il Pontefice, riportando una parabola evangelica, è come una festa di nozze, così in tarda età, si diventa sensibili e bisognosi di tutto ciò, che è, nei gesti più piccoli, la celebrazione della vita. Nella nostra vecchiaia, (…) l’importanza di tanti “dettagli” di cui è fatta la vita – una carezza, un sorriso, un gesto, un lavoro apprezzato, una sorpresa inaspettata, un’allegria ospitale, un legame fedele – si rende più acuta. L’essenziale della vita, che in prossimità del nostro congedo teniamo più caro, ci appare definitivamente chiaro. Ecco: questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti, e dell’intera comunità. Noi “vecchi” dovremmo essere questo per gli altri: luce per gli altri. L’intera nostra vita appare come un seme che dovrà essere sotterrato perché nasca il suo fiore e il suo frutto. 

Nelle ultime battute della catechesi di oggi, Papa Francesco ricorda ai suoi coetanei, che la vita è da vivere fino in fondo. Gli dice: sì, cari fratelli e sorelle, specialmente voi anziani, il meglio della vita è ancora tutto da vedere; “Ma siamo vecchi, cosa dobbiamo vedere in più?” Il meglio, perché il meglio della vita è ancora tutto da vedere. Speriamo questa pienezza di vita che ci aspetta tutti, quando il Signore ci chiamerà. La Madre del Signore e Madre nostra, che ci ha preceduti in Paradiso, ci restituisca la trepidazione dell’attesa perché non è un’attesa anestetizzata, non è un’attesa annoiata, no, è un’attesa con trepidazione: “Quando verrà il mio Signore? Quando potrò andare là?”