nonni, anziani

Terminato il ciclo delle catechesi sulla figura di San Giuseppe, da oggi il Santo Padre ci propone una riflessione comune sulla presenza e sul ruolo degli anziani, nella nostra società. Come parte integrante di essa, sottolinea Francesco, tuttavia non sono mai stati così numerosi nella storia dell’umanità. Proprio questo dovrebbe essere una base per noi per un impegno comune nei loro confronti. 

Il Papa snoda la sua riflessione a partire dal tempo prima della pandemia, quando i membri di questo nuovo popolo, erano già la parte più debole e trascurata: non li guardavamo troppo da vivi, non li abbiamo neppure visti morire. Oggi invece, nel periodo in cui ancora combattiamo con il pericolo del virus, consapevoli che a questo riguardo sono stati loro a pagare il prezzo più alto, corrono altissimo rischio di essere scartati. 

La domanda cruciale oggi è: nella nostra società, nelle nostre famiglie, c’è amicizia, c’è alleanza fra le diverse età della vita o prevalgono la separazione e lo scarto? E, giustamente, il Santo Padre, ci propone anche altri spunti per una riflessione accurata. Ma è vero che la giovinezza contiene il senso pieno della vita, mentre la vecchiaia ne rappresenta semplicemente lo svuotamento e la perdita? Quello è vero? Soltanto la giovinezza ha il senso pieno della vita, e la vecchiaia è lo svuotamento della vita, la perdita della vita? L’esaltazione della giovinezza come unica età degna di incarnare l’ideale umano, unita al disprezzo della vecchiaia vista come fragilità, come degrado o disabilità, è stata l’icona dominante dei totalitarismi del ventesimo secolo. L’abbiamo dimenticato questo?

L’errore in cui spesso si cade, è quello di vivere nell'”eterna giovinezza“, che – dice Papa Francesco – è un’allucinazione molto pericolosa. Essere vecchi è altrettanto importante – e bello – è altrettanto importante che essere giovani. Ricordiamocelo. L’alleanza fra le generazioni, che restituisce all’umano tutte le età della vita, è il nostro dono perduto e dobbiamo riprenderlo. Deve essere ritrovato, in questa cultura dello scarto e in questa cultura della produttività.

Questo, che potrebbe essere apparentemente un appello volto a proteggere solo i più grandi, invece si tratta di curare anche le future generazioni. Quando gli anziani resistono allo Spirito, seppellendo nel passato i loro sogni, i giovani non riescono più a vedere le cose che devono essere fatte per aprire il futuro. Quando invece i vecchi comunicano i loro sogni, i ragazzi vedono bene ciò che devono fare. I ragazzi che non interrogano più i sogni dei vecchi, puntando a testa bassa su visioni che non vanno oltre il loro naso, faticheranno a portare il loro presente e a sopportare il loro futuro. 

E non solo, ma è anche un impegno per i più grandi, impegno di reciprocità. Perché se i nonni ripiegano sulle loro malinconie, i giovani si curveranno ancora di più sul loro smartphone. Lo schermo può anche rimanere acceso, ma la vita si spegne prima del tempo. Il contraccolpo più grave della pandemia non sta forse proprio nello smarrimento dei più giovani? I vecchi hanno risorse di vita già vissuta alle quali possono ricorrere in ogni momento. Staranno a guardare i giovani che smarriscono la loro visione o li accompagneranno riscaldando i loro sogni? Davanti ai sogni dei vecchi, cosa faranno i giovani?

Tutto questo processo si può realizzare meglio alla luce della Parola di Dio. Essa ci aiuterà a discernere il senso e il valore della vecchiaia; lo Spirito Santo conceda anche a noi i sogni e le visioni di cui abbiamo bisogno. E vorrei sottolineare, come abbiamo ascoltato nella profezia di Gioele, all’inizio, che l’importante è non solo che l’anziano occupi il posto di saggezza che ha, di storia vissuta nella società, ma anche che ci sia un colloquio, che interloquisca con i giovani. I giovani devono interloquire con gli anziani, e gli anziani con i giovani. E questo ponte sarà la trasmissione della saggezza nell’umanità. 

Nelle prossime catechesi di mercoledì, il Papa affronterà questi temi, perché, crede che tutto quello che è bello che ha una società è in rapporto con le radici degli anziani. Per questo, in queste catechesi, io vorrei che la figura dell’anziano venga posta in evidenza, che si capisca bene che l’anziano non è un materiale di scarto: è una benedizione per una società.