Papa Francesco: l’uomo nell’abbraccio della Trinità

amore, abbraccio, vicinanza
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I motivi per cui Dio dovrebbe amare l’uomo, non ci sono. Egli non si merita l’immenso affetto del suo Creatore. E, paradossalmente, proprio questo permette a Dio di essere quel che è: Amore gratuito e sovrabbondante, per sua natura trinitaria sempre in circolazione. Con questi pensieri Papa Francesco ci introduce oggi nelle due catechesi del mercoledì dedicate alla preghiera come mezzo per entrare in relazione con la Trinità. 

Il Pontefice ci ricorda che il mistero trinitario ci è stato aperto e svelato proprio attraverso l’avvicinamento di Dio all’uomo, l’incarnazione. Gesù ci ha rivelato l’identità, questa identità di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. Noi davvero non sapevamo come si potesse pregare: quali parole, quali sentimenti e quali linguaggi fossero appropriati per Dio. E Lui si fa uomo, proprio per farci comprendere che la nostra preghiera tocca il suo cuore, umano e divino.

Ed è proprio la nostra fragilità, assunta dal Figlio di Dio, che, riconosciuta, ci fa sentire toccati dalla grazia, soprattutto laddove, con dolore a volte, ci percepiamo nella nostra pochezza. «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito», possiamo ripetere con il centurione romano (cf Mt 8,5-13).  È la frase che anche noi ripetiamo in ogni liturgia eucaristica. Dialogare con Dio è una grazia: noi non ne siamo degni, non abbiamo alcun diritto da accampare, noi “zoppichiamo” con ogni parola e ogni pensiero… Però Gesù è la porta che ci apre a questo dialogo con Dio.

Dobbiamo tener sempre presente che la visione cristiana di Dio, non è più quella proveniente dalle antiche credenze e mitologie, che presentano una divinità lontana e disimpegnata nei confronti dell’umano. Anzi, al contrario, un Dio che ama l’uomo, noi non avremmo mai avuto il coraggio di crederlo se non avessimo conosciuto Gesù. La conoscenza di Gesù ci ha fatto capire questo, ci ha rivelato questo. È lo scandalo che troviamo scolpito nella parabola del padre misericordioso, o in quella del pastore che va in cerca della pecora perduta (cfr Lc 15). Racconti del genere non avremmo potuto concepirli, nemmeno comprenderli, se non avessimo incontrato Gesù. 

Ed è infatti proprio la presenza di Emmanuele, il Dio con noi, che fa sì che noi sperimentiamo che Dio è Padre. La paternità che è vicinanza, compassione e tenerezza. Non dimentichiamo queste tre parole che sono lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. È il modo di esprimere la Sua paternità con noi. Noi immaginiamo a fatica e molto da lontano l’amore di cui la Trinità Santissima è gravida, e quale abisso di benevolenza reciproca intercorra tra Padre, Figlio e Spirito Santo. 

La Trinità dunque è qui per noi, è trascendente, ma è anche immanente, direbbero i teologi trinitari. Il nostro è un Dio con cui si entra in relazione, pregando, e questo, perché è stato Lui per primo a fare un passo verso di noi, a chinarsi su di noi, per racchiuderci nel suo abbraccio eterno d’Amore.