Papa Francesco: tensione tra il nuovo e il vecchio

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Libertà, grazia, modo di vivere cristiano: sono alcuni temi principali della lettera di San Paolo Apostolo ai Galati. L’autore, inserendo dei tratti biografici, ci racconta temi molto attuali anche per noi oggi. Da oggi in poi Papa Francesco ogni mercoledì ci invita a soffermarci su questo libro del Nuovo Testamento, per scoprire insieme la sua attualità per la Chiesa contemporanea. 

L’esperienza di Paolo in Galazia è emblematica. E’ una regione di cui oggi non sappiamo nulla, ma allo stesso momento apprendiamo la grande opera evangelizzatrice ivi operata dall’Apostolo delle genti. Sappiamo che i Galati erano un’antica popolazione celtica che, attraverso tante peripezie, si erano stabiliti in quella estesa regione dell’Anatolia che aveva il capoluogo nella città di Ancyra, oggi Ankara, la capitale della Turchia. Paolo riferisce soltanto che, a causa di una malattia, fu costretto a fermarsi in quella regione (cfr Gal 4,13). 

Il Santo Padre ci propone un parallelo tra l’opera di Paolo tra i Galati e ciò che viviamo oggi. Paolo incominciava facendo piccole comunità. E queste piccole comunità crescevano, crescevano e andavano avanti. Anche oggi questo metodo pastorale si fa in ogni regione missionaria. Ho ricevuto una lettera, la settimana scorsa, di un missionario della Papua Nuova Guinea; mi dice che sta predicando il Vangelo nella selva, alla gente che non sa neppure chi fosse Gesù Cristo. È bello! Si iniziano a fare le piccole comunità. Anche oggi questo metodo è il metodo evangelizzatore della prima evangelizzazione.

Da buon padre, Paolo si accorge ben presto dei pericoli che i nuovi cristiani corrono per la loro crescita nella fede. Crescono e vengono i pericoli. Come diceva uno: “Vengono gli avvoltoi a fare strage nella comunità”. Si erano infatti infiltrati alcuni cristiani venuti dal giudaismo, i quali con astuzia cominciarono a seminare teorie contrarie all’insegnamento dell’Apostolo, giungendo perfino a denigrare la sua persona. 

Ma il rischio più grande è quello di tornare indietro, alle osservanze di prima, le cose che sono state oltrepassate dal Vangelo. I Galati, quindi, avrebbero dovuto rinunciare alla loro identità culturale per assoggettarsi a norme, a prescrizioni e usanze tipiche degli ebrei. Non solo. Quegli avversari sostenevano che Paolo non era un vero apostolo e quindi non aveva nessuna autorità per predicare il Vangelo.

E la domanda che nasce sempre in questi momenti, è: chi ha ragione? Che dovevano fare? Ascoltare e seguire quanto Paolo aveva loro predicato, oppure dare retta ai nuovi predicatori che lo accusavano? È facile immaginare lo stato di incertezza che animava i loro cuori. Per loro, avere conosciuto Gesù e creduto all’opera di salvezza realizzata con la sua morte e risurrezione, era davvero inizio di una vita nuova, di una vita di libertà.

Questa condizione – ci ricorda il Papa – non è lontana dall’esperienza che diversi cristiani vivono ai nostri giorni. Non mancano nemmeno oggi, infatti, predicatori che, soprattutto attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, possono turbare le comunità. Si presentano non anzitutto per annunciare il Vangelo di Dio che ama l’uomo in Gesù Crocifisso e Risorto, ma per ribadire con insistenza, da veri e propri “custodi della verità” – così si chiamano loro -, quale sia il modo migliore per essere cristiani. E conclude il Santo Padre: in ultima istanza, la fede nello Spirito Santo presente nella Chiesa, ci porta avanti e ci salverà.