Papa Francesco: San Giuseppe, compagno per la buona morte

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San Giuseppe è conosciuto e venerato nella Chiesa, per vari motivi, in modo particolare viene invocato come messaggero della divina Provvidenza, nei momenti di particolari necessità nella nostra vita. Nell’udienza odierna, Papa Francesco ci ricorda, che il padre putativo di Gesù è anche patrono della buona morte. 

Questa speciale assistenza del Santo, è stata riconosciuta e proposta a tutta la Chiesa, dal Papa Benedetto XV, con un Motu Proprio del 1920, nel quale motivava questa mozione con la tradizionale fede nel fatto che Giuseppe fosse spirato alla presenza di Gesù e Maria e quindi poteva essere un buon patrono per il momento della dipartita da questo mondo.

Il Santo Padre, ci riporta a questa riflessione importante, perché in realtà il nostro rapporto con la morte non riguarda mai il passato, è sempre presente. Papa Benedetto diceva, alcuni giorni fa, parlando di sé stesso che “è davanti alla porta oscura della morte”. E’ bello ringraziare il Papa Benedetto che a 95 anni ha la lucidità di dirci questo (…) E ci ricorda come la pandemia che stiamo ancora vivendo, ci stia facendo vivere il dramma di una morte spesso infelice, perché in solitudine. In questa situazione ogni gesto di tenerezza nei confronti del morente, ha il massimo valore.

Questo purtroppo non cambia il fatto che si cerca in tutti i modi di allontanare il pensiero della nostra finitudine, illudendosi così di togliere alla morte il suo potere e scacciare il timore. Ma la fede cristiana non è un modo per esorcizzare la paura della morte, piuttosto ci aiuta ad affrontarla. Prima o poi, tutti noi andremo per quella porta. (…) C’è una certezza: Cristo è resuscitato, Cristo è risorto, Cristo è vivo tra noi. E questa è la luce che ci aspetta dietro quella porta oscura della morte.

Francesco ci invita a guardare la nostra vita terrena come occasione per accumulare è la carità, è la capacità di condividere, la capacità di non restare indifferenti davanti ai bisogni degli altri (…) Davanti alla morte tante questioni si ridimensionano. È bene morire riconciliati, senza lasciare rancori e senza rimpianti! Io vorrei dire una verità: tutti noi siamo in cammino verso quella porta, tutti. 

Due considerazioni ci propone il Papa oggi, parlando della morte di un cristiano.
La prima riguarda ciò che ci dice la saggezza popolare. Quella frase del popolo fedele di Dio, della gente semplice: “Lascialo morire in pace”, “aiutalo a morire in pace”: quanta saggezza! E’ quanto ci dobbiamo ricordare, in riferimento all’insegnamento della Chiesa a proposito della fine di vita, quando si specifica che dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per curare la persona malata, risulta immorale l’accanimento terapeutico (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2278).
La seconda riguarda invece la qualità della morte stessa, la qualità del dolore, della sofferenza. Infatti, dobbiamo essere grati per tutto l’aiuto che la medicina si sta sforzando di dare, affinché attraverso le cosiddette “cure palliative”, ogni persona che si appresta a vivere l’ultimo tratto di strada della propria vita, possa farlo nella maniera più umana possibile. Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano a uccidere. 

A tutta questa riflessione è collegata strettamente la necessità della cura degli anziani. Essi – ci dice il Papa – vanno curati come un tesoro dell’umanità: sono la nostra saggezza. Anche se non parlano, e se sono senza senso, sono tuttavia il simbolo della saggezza umana. Sono coloro che hanno fatto la strada prima di noi e ci hanno lasciato tante cose belle, tanti ricordi, tanta saggezza. Per favore, non isolare gli anziani, non accelerare la morte degli anziani. Accarezzare un anziano ha la stessa speranza che accarezzare un bambino, perché l’inizio della vita e la fine è un mistero sempre, un mistero che va rispettato, accompagnato, curato, amato.

Concludendo la catechesi, Papa Francesco ci incoraggia a pensare a Giuseppe e Maria, entrambi i compagni per una buona morte. Questa è un’esperienza della misericordia di Dio, che si fa vicina a noi anche in quell’ultimo momento della nostra vita. Anche nella preghiera dell’Ave Maria, noi preghiamo chiedendo alla Madonna di esserci vicini “nell’ora della nostra morte”.