Il torto subito non va negato ma “l’essere umano, creato ad immagine di Dio, è sempre più grande del male che commette”. Lo ha ricordato papa Francesco durante l’Angelus di oggi. Nel Vangelo odierno (cfr Mt 18,21-35) troviamo Pietro intento a domandare a Gesù quante volte dovremmo perdonare le colpe contro di noi e già gli sembra “sembra già il massimo perdonare sette volte a una stessa persona”, come per noi forse “sembra già molto farlo due volte”. E Gesù lo spiazza: “Fino a settanta volte sette” (v.22), vale a dire “sempre”.
Il Santo Padre ha quindi illustrato la successiva “parabola del re misericordioso e del servo spietato”, in cui il Signore “mostra l’incoerenza di colui che prima è stato perdonato e poi si rifiuta di perdonare”. Mentre il generoso re, “preso da compassione, condona un debito enorme” pari a diecimila talenti, lo stesso servo che ne ha beneficiato, “si comporta in modo spietato” con un altro servo, “facendolo gettare in prigione” per un debito di soli “cento denari”, una somma quindi nettamente minore.
“L’atteggiamento incoerente di questo servo è anche il nostro quando rifiutiamo il perdono ai nostri fratelli – ha spiegato il Pontefice –. Mentre il re della parabola è l’immagine di Dio che ci ama di un amore così ricco di misericordia da accoglierci, amarci e perdonarci continuamente”.
Infatti, “fin dal nostro Battesimo Dio ci ha perdonati, condonandoci un debito insolvibile: il peccato originale – ha aggiunto il Papa –. Poi, con una misericordia senza limiti, Egli ci perdona tutte le colpe non appena mostriamo anche solo un piccolo segno di pentimento”.
Ogni volta che “siamo tentati di chiudere il nostro cuore a chi ci ha offeso e ci chiede scusa”, è fondamentale ricordarci delle parole del Padre celeste al servo spietato: così come noi imploriamo pietà al Padre, parimenti dovremo averne con i fratelli in debito con noi (vv.32-33). “Chiunque abbia sperimentato la gioia, la pace e la libertà interiore che viene dall’essere perdonato può aprirsi alla possibilità di perdonare a sua volta”, ha sottolineato Francesco.
È nel Padre Nostro, che “Gesù ha voluto inserire lo stesso insegnamento di questa parabola”, mettendo “in relazione diretta il perdono che chiediamo a Dio con il perdono che dobbiamo concedere ai nostri fratelli”, ovvero rimettendo ai noi i debiti, come li rimettiamo ai nostri debitori (cfr Mt 6,12).
“Il perdono di Dio è il segno del suo straripante amore per ciascuno di noi; è l’amore che ci lascia liberi di allontanarci, come il figlio prodigo, ma che attende ogni giorno il nostro ritorno; è l’amore intraprendente del pastore per la pecora perduta; è la tenerezza che accoglie ogni peccatore che bussa alla sua porta – ha affermato il Pontefice –. Il Padre celeste è pieno di amore e vuole offrircelo, ma non lo può fare se chiudiamo il nostro cuore all’amore per gli altri”, ha quindi concluso il Papa. [L.M.]