Rapporto Istat: per gli italiani il matrimonio è ormai un optional…
Molte ombre, ma anche qualche luce, emergono dal recentissimo rapporto Istat sugli italiani e il matrimonio. In linea generale abbiamo la conferma e il consolidamento di una tendenza ormai storica: la famiglia attrae ancora molto gli italiani ma non è più considerata il principale fondamento della loro vita e della loro felicità. Essa riveste un valore importante ma non il più importante in assoluto.
Partiamo dal dato più preoccupante: il matrimonio non è una “cosa per giovani”. L’età media delle nozze non è mai stata così alta (31,5 anni per le donne, 33,7 per gli uomini). La tendenza a rimandare sempre più il momento del “sì” è sicuramente dovuta, in un ampio numero di casi, alla scarsità di risorse economiche e alla disoccupazione dilagante, tuttavia, se si mette meglio a fuoco la problematica, è evidente che, per le nuove generazioni il matrimonio non è più visto come un passaggio su cui investire le proprie risorse umane e affettive e contribuire così alla crescita e al futuro della società. Non mi sposo, cioè, in base a una scelta d’amore vero e ad un progetto di vita, che, come tale comporta scommesse e sacrifici, ma come coronamento della mia realizzazione personale. Mi sposo, in definitiva, quando “sto bene”, quando “mi sento pronto” e, magari, “ho raggiunto un equilibrio”. Fin qui le cause. Se ci addentriamo nelle conseguenze di questo innalzamento dell’età media nuziale, è facile comprendere che tale modello antropologico rischia di condannarci a un inesorabile crollo demografico: se la maggioranza delle coppie italiane compiono il “grande passo” dopo i trent’anni, diminuisce drasticamente la loro possibilità di procreare. Scegliendo di non fare figli nella loro fascia d’età più fertile, difficilmente le donne potranno dare alla luce più di due bambini, anche in considerazione della scarsa flessibilità dei congedi parentali. E ciò vale anche per le coppie (tante!) che una famiglia numerosa la desidererebbero davvero e che ai sacrifici sarebbero ben disposte.
Altro nodo cruciale è rappresentato dal sorpasso del numero dei matrimoni civili rispetto alle cerimonie religiose. Ciò è dovuto a due fattori: a monte c’è la scristianizzazione della società italiana ma va anche tenuto conto del forte aumento dei secondi matrimoni, favorito dall’istituzione nel 2015 del divorzio breve, che ha spinto molti italiani a “rifarsi una vita”. Questa legge è probabilmente la principale causa dell’inversione di tendenza in base alla quale, dopo essere stato per decenni in caduta libera, anche il numero dei matrimoni in generale ha ripreso a salire (9000 in più nel 2018, rispetto all’anno precedente). Senza dubbio l’opzione per il matrimonio civile denota una sorta di “declassamento” dell’istituto nuziale, da impegno per la vita, centrale, radicale e totalizzante, ad impegno “tra i tanti”, a tempo indeterminato ma rescindibile in qualunque momento, come un qualsiasi contratto di natura commerciale o lavorativa.