Rapporto Istat: per gli italiani il matrimonio è ormai un optional…
C’è però un fenomeno parallelo, di cui l’indagine Istat non ha trattato, riguardante le coppie che, in totale controtendenza, dopo vari anni di matrimonio civile, hanno deciso di consacrare il proprio vincolo in Chiesa. Nessun giornale, né alcuna ricerca sociologica ne tratta, né i numeri sono altissimi ma la tendenza a “regolarizzare” la propria unione (da convivenza a matrimonio civile o religioso o da matrimonio civile a religioso) è in aumento e denota, nonostante tutto, il desiderio, forse inespresso, di un “per sempre”, di un infinito inseguito non chimericamente e, in molti casi, trovato nella Chiesa Cattolica e nel suo magistero plurimillenario e profondamente vero.
Ultimo ma non ultimo: l’esiguità delle unioni civili. Celebrate in numero di 4376 nel 2017, anno successivo alla loro approvazione, le unioni civili tra persone dello stesso sesso sono precipitate a 2808 nel 2018. Di queste ultime, il 64% consiste in unioni tra persone di sesso maschile. Questi numeri la dicono lunga sulla totale assenza di qualunque emergenza sociale in grado di giustificare l’approvazione di una legge che, a suo tempo, aveva goduto di “buona stampa” e di una propaganda a tamburo battente da parte delle élite. La totale inutilità di questo nuovo istituto – dei cui sottesi diritti si può pienamente godere anche in una convivenza de facto – si riscontra anche nel fatto che la stragrande maggioranza delle coppie conviventi (1 milione e 368mila, quadruplicate negli ultimi vent’anni) preferiscono non sottoscrivere alcuna unione civile. Eppure, anche dinnanzi a questi dati, c’è un risvolto discutibile ed inquietante, che si individua nella tendenza, piuttosto radicata in ambito mediatico, ad usare il termine “unioni civili” anche in riferimento al matrimonio civile. Ciò rappresenta molto più di una grossolanità semantica e ha tutta l’aria di una clamorosa e surrettizia manipolazione lessicale, volta a rendere accettabile per tutti una terminologia ancora piuttosto divisiva e, assieme ad essa, un cambiamento antropologico profondamente pilotato e tutt’altro che spontaneo.
In conclusione: la crisi della famiglia e del matrimonio sono davvero così irreversibili? Assolutamente no, per un motivo molto semplice: anche diventando sempre meno numerose, le famiglie rimangono l’unico soggetto in grado di mantenere coesa la società, di coltivare l’amore tra esseri umani e di generare solidarietà. Pur se contrastate e bistrattate, le famiglie continueranno a svolgere questo ruolo. Dalla loro crisi, usciranno ritemprate e, umilmente, acquisiranno maggiore consapevolezza della loro preziosità e della certezza che senza famiglia non c’è futuro. E tutto questo, alla lunga, potrà salvare l’umanità.