Romero e gli altri: nuovi santi dai piedi per terra e cuore in Cielo

Romero e gli altri: nuovi santi dai piedi per terra e cuore in Cielo

Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!”, tuonò l’arcivescovo il 23 marzo 1980, durante la sua ultima omelia in cattedrale. Il giorno dopo, verso la conclusione della messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, dove viveva, Romero viene freddato da un colpo di pistola alla giugulare. La morte lo coglie proprio al momento della consacrazione eucaristica, quasi come se il suo sacrificio fosse avvenuto all’unisono con quello di Gesù Cristo. Assieme a San Thomas Beckett (1118-1170), Oscar Arnulfo Romero è l’unico vescovo ad aver patito il martirio durante la celebrazione della messa. Un ‘privilegio’, capitato, tra i sacerdoti, solamente a don Andrea Santoro (1945-2006), il missionario romano ucciso da un giovane fondamentalista islamico in Turchia.

Tra gli altri canonizzati di domenica scorsa, spicca una forte inclinazione a un cristianesimo sociale, in particolar modo nell’ambito delle congregazioni religiose. Francesco Spinelli, ad esempio, fu un sacerdote diocesano bergamasco, fondatore, a meno di trent’anni, di un ordine femminile, le Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento, il cui carisma era quello di pregare il maggior tempo possibile davanti a Gesù Eucaristia e di servire i poveri e i sofferenti, nei quali “ravvisare il Volto di Cristo”.

Vincenzo Romano fu invece un umile parroco napoletano, un vero “pastore dall’odore delle pecore”. La sua arguzia e la sua inventiva tutte partenopee, lo spinsero a ideare una messa pratica, ovvero dei sussidi con la finalità di aiutare i fedeli ad entrare con più profondità nello spirito della celebrazione liturgica, che – va ricordato – a cavallo tra XVIII e XIX secolo, era ancora interamente in latino. Don Vincenzo si inventò anche la sciabica, una pratica con cui, munito di crocefisso e campanello, si addentava nei vicoli per attirare le persone e invitarle a messa. Il nuovo santo napoletano si distinse anche per il suo impegno nella ricostruzione di Torre del Greco, andata distrutta dopo l’eruzione del Vesuvio nel 1794.

Spagnola di nascita e boliviana d’adozione, suor Nazaria di Santa Teresa di Gesù fondò la congregazione delle Missionarie Crociate della Chiesa. In Bolivia, la religiosa fu sostenitrice dei diritti delle donne e, in particolare, delle operaie, contribuendo alla nascita del primo sindacato femminile di quel paese.

Anche suor Caterina Kasper fondò un ordine femminile, le Povere Ancelle di Gesù Cristo, aprendo la prima casa della comunità ai poveri del suo paese natale, Dernbach. In seguito aprì anche istituti all’estero, per accogliere i tedeschi che emigravano, in un momento in cui, a metà Ottocento, la Germania era un paese non ancora unito e assai meno progredito e sviluppato di oggi.

La storia più impressionante nell’ambito dei nuovi canonizzati, tuttavia, è senz’altro quella di Nunzio Sulprizio, giovanissimo operaio abruzzese, deceduto a soli 19 anni, a causa delle innumerevoli patologie che precocemente lo colpirono. Rimasto quasi subito orfano di entrambi i genitori, Nunzio crebbe con la nonna, poi, dai nove anni, venne tirato su da uno zio manesco che lo sfruttava spietatamente nella sua officina da fabbro, noncurante della gracilità fisica del nipote. Sulprizio trascorse gli ultimi anni tra sofferenze atroci, compresa l’amputazione di una gamba, che offrì sempre al Signore, con incredibile serenità e maturità. In virtù di ciò, papa Leone XIII lo indicò come modello per la gioventù operaia. Oggi più che mai, da santo, Nunzio Sulprizio potrà rappresentare un faro di speranza per tanti giovani sfruttati, malati o senza prospettive.