Il tempo liturgico del Natale si conclude ufficialmente con la domenica del Battesimo del Signore. Sul piano delle tradizioni, tuttavia, il Tempo Ordinario successivo (che copre il resto di gennaio e, generalmente, buona parte di febbraio) tende a perpetuare per almeno un mese i simboli natalizi. La festa della Candelora, che si è celebrata ieri, ad esempio, coincide con l’ultimo giorno per l’esposizione del presepe (anche se oggi si tende a rimuoverlo per lo più all’indomani dell’Epifania, dopo l’ingresso dei Re Magi).
C’è una precisa numerologia che lega la liturgia della Presentazione di Gesù al Tempio al tempo natalizio in senso stretto. Il 2 febbraio, infatti, cade proprio 40 giorni dopo il Natale, a commemorare il fatto che Gesù fu condotto al Tempio da Maria e Giuseppe proprio 40 giorni dopo la nascita. Il numero è anche legato alla celebrazione pre-conciliare della Purificazione della Beata Vergine Maria, originata dalla tradizione antico-ebraica, di purificare le donne 40 giorni dopo il parto.
L’altra liturgia in qualche modo legata al Natale è la memoria di San Biagio Vescovo, che si celebra proprio oggi. Il santo del giorno è noto soprattutto come protettore della gola e lo si invoca proprio per la guarigione di tutte le malattie della gola. La benedizione delle gole, secondo la tradizione, viene effettuata in molti Paesi avvicinando due candele incrociate alla gola dei fedeli. Tutto nasce dalla leggenda secondo cui Biagio, durante la sua prigionia, compì il miracolo di eliminare una lisca di pesce dalla gola di un ragazzo.
È legata alla guarigione della gola anche l’altra tradizione – diffusa per lo più in Lombardia – dell’ultimo panettone ogni 3 febbraio. “San Biàs el benidis la gola e èl nas”, si usa dire a Milano, in ossequio alle benedizioni dell’apparato respiratorio che, da quelle parti, si manifesta anche in un’altra forma del tutto peculiare. A Milano e dintorni, infatti, c’è la tradizione di fare colazione, la mattina di San Biagio, con l’ultimo pezzo di panettone (anche raffermo) avanzato dal Natale precedente. La tradizione vuole che, dopo che quel pezzo di dolce è stato benedetto, diventi un toccasana contro le varie forme di influenza, raffreddore o tosse che ci insidiano durante l’inverno.
La tradizione milanese nasce dalla leggenda che narra di un tale Fra Desiderio, particolarmente goloso, al quale una signora aveva portato un panettone da benedire poco prima delle feste natalizie. Dimenticatasi del dolce, la donna tornò a reclamarlo dopo circa un mese e mezzo, proprio il 3 febbraio. Sentito bussare, il frate andò nel panico: quel panettone se l’era mangiato, dimenticando di benedirlo! All’atto di restituire il contenitore vuoto alla signora, Fra Desiderio vide miracolosamente il panettone riprendere forma per intero nella scatola: un prodigio attribuito a San Biagio.
Il santo del giorno è stato uno degli ultimi martiri dell’era tardo antica. Di Biagio si sa poco, al di fuori del fatto che visse a cavallo tra il III e il IV secolo, quindi in piena epoca costantiniana, che fu vescovo di Sebaste, in Armenia, e che morì martire nel 316, vittima dei contrasti tra Costantino e l’imperatore d’Oriente, Licinio.
San Biagio, più che per la sua vita, è noto per le tradizioni (anche culinarie e non legate soltanto al panettone) e per i suoi miracoli. A Salemi, in Sicilia, ogni 3 febbraio, si usa distribuire piccoli pani d’acqua e farina, denominati, a seconda dei casi “cavadduzzi” (per ricordare l’intercessione di San Biagio contro un’invasione di cavallette nel 1542) o “caddureddi” (espressione che richiama la gola). A Fiuggi, nel Lazio, alla vigilia di San Biagio, si usa ardere cataste di legna dalla forma piramidale, a ricordo dell’intercessione di San Biagio che, nel 1298, fece apparire finte fiamme intorno alla città, scongiurando un’invasione di truppe nemiche.
La città che custodisce le reliquie di San Biagio è Maratea, in Basilicata, nella cui basilica il corpo del santo arrivò dall’originaria Sebaste: le reliquie erano dirette a Roma ma dovettero fermarsi nella località tirrenica lucana, a causa di una bufera in mare. Dalle pareti della stessa basilica di Maratea e da una statua all’interno della stessa basilica sprigiona un liquido giallastro, simile alla manna di San Nicola e usato per benedire e curare i malati.