San Francesco e il Sultano: il dialogo interreligioso nacque così…

I giorni a cavallo tra luglio e agosto sono cruciali per la devozione francescana. Giovedì scorso, come da tradizione, ha preso il via la Marcia Francescana, che si concluderà il prossimo 4 agosto a Santa Maria degli Angeli, con la partecipazione di migliaia di giovani pellegrini dai 18 ai 33 anni. In mezzo c’è la tradizionale festa del Perdono d’Assisi, di cui tre anni fa, alla presenza di papa Francesco, sono stati celebrati gli 800 anni.
Quest’anno ricorre un altro ottavo centenario francescano di notevole importanza: l’incontro tra il santo d’Assisi e il sultano al-Malik al-Kāmil. Questo episodio rappresenta uno dei passaggi più discussi della vita del santo e dell’intera storia ecclesiale, essendo stato oggetto di una pluralità di interpretazioni. Con quali intenzioni Francesco e i suoi frati si recarono in Egitto, durante l’assedio di Damietta? Per unirsi alla quinta crociata? Per convertire? Per mettere pace tra i combattenti? Le controversie intorno all’incontro tra Francesco e il sultano si sono riattizzate negli ultimi anni, in ragione dello sviluppo del dialogo islamo-cristiano e delle parallele criticità relative al fondamentalismo e alla difficile integrazione dei musulmani nel mondo occidentale.
Il fatto è provato storicamente. Ciò che è ammantato di leggenda è il reale contenuto della conversazione tra Francesco e al-Malik al-Kāmil. Tra le certezze: dopo aver ricevuto il permesso da parte del legato pontificio, il cardinale portoghese Pelagio Galvani, il santo giunse disarmato alla corte del sultano, nella consapevolezza di un suo possibile martirio. Non ottenne alcuna conversione ma il confronto ebbe un lieto fine e la reciproca diffidenza tra i due si tramutò in ammirazione e amicizia.

Così scrive Tommaso da Celano ne La vita di San Francesco d’Assisi, prima vera biografia del santo: «[…] nel tredicesimo anno dalla sua conversione, [Francesco, ndr] partì per la Siria, e mentre infuriavano aspre battaglie tra cristiani e pagani, preso con sé un compagno, non esitò a presentarsi al cospetto del Sultano. Chi potrebbe descrivere la sicurezza e il coraggio con cui gli stava davanti e gli parlava, e la decisione e l’eloquenza con cui rispondeva a quelli che ingiuriavano la legge cristiana? Prima di giungere al Sultano, i suoi sicari l’afferrarono, l’insultarono, lo sferzarono, ed egli non temette nulla: né minacce, né torture, né morte; e sebbene investito dall’odio brutale di molti, eccolo accolto dal Sultano con grande onore! Questi lo circondava di favori regalmente e, offrendogli molti doni, tentava di convertirlo alle ricchezze del mondo; ma, vedendolo disprezzare tutto risolutamente come spazzatura, ne rimase profondamente stupito, e lo guardava come un uomo diverso da tutti gli altri. Era molto commosso dalle sue parole e lo ascoltava molto volentieri».

Secondo la maggior parte degli storici, Francesco partì effettivamente con intenzioni non bellicose ma fortemente determinato ad evangelizzare. È errato, in questo caso, parlare di “dialogo interreligioso”: tale concetto è un anacronismo, per tempi in cui le relazioni tra le tre grandi tradizioni religiose abramitiche erano integralmente conflittuali e in cui l’unico sbocco ritenuto possibile era quello della crociata e della guerra o, nella migliore delle ipotesi, della conversione di una delle due parti. In questa ottica, quindi, Francesco sceglie di praticare il Vangelo senza compromessi di alcuna sorta. Al sultano, Francesco parla apertamente di quel Gesù che lo ha conquistato e che ora vuole fargli conoscere. Al-Malik è profondamente ammirato dalle sue parole ma sente di non poter abdicare al suo ruolo. Lo invita quindi a restare ma Francesco, secondo la leggenda cara ai ‘conservatori’, gli avrebbe replicato: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa».

L’ammirazione tra Francesco e Al-Malik fu reciproca. Nel sultano, il santo intravide un uomo di fede che, con la magnanimità, lo ascoltava e lo rispettava. E l’esito di quell’incontro fu altamente imprevedibile: non avvenne alcuna conversione, né alcun martirio ma siamo di fronte al primo vero esempio di dialogo islamo-cristiano della storia. Si spezzano le logiche della violenza, della guerra santa e del proselitismo e l’avversario non viene più visto come un nemico ma come una persona da amare e da cui si può imparare, senza per questo rinnegare nulla del proprio credo. È noto, ad esempio, che San Francesco attinse ad Al-Asma u l-Husna, ovvero ai 99 nomi con cui gli islamici definiscono Allah, per comporre le sue celebri Lodi all’Altissimo: «Tu sei Santo. Tu sei Uno. Tu sei Forte. Tu sei Grande. Tu sei onnipotente…».

Quel fatto tra storia e leggenda, capitato ottocento anni fa, fu per anni un episodio isolato. Il seme di quella prima fratellanza islamo-cristiana, tuttavia, ha iniziato a germogliare alla fine del secolo scorso, con il documento conciliare Nostra Aetate, firmato da San Paolo VI, seguito dagli storici incontri di Assisi (1986, con San Giovanni Paolo II; 2011 con Benedetto XVI; 2016 con papa Francesco) ma, soprattutto, dalla firma del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune (Abu Dhabi, 4 febbraio 2019). Nell’ottavo centenario di Damietta, un altro Francesco – stavolta un Pontefice – e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahamad al-Tayyib, hanno siglato la prima grande dichiarazione d’intenti comune tra Chiesa Cattolica e Islam sunnita: nessuna concessione al sincretismo o all’omologazione religiosa, non un compromesso, solo il desiderio di collaborare insieme per i diritti umani, per la pace e per la giustizia sociale. In nome di un Dio che non può essere violento ma soltanto misericordioso. Se la strada da compiere per una pacificazione completa è ancora lunga, il sentiero è stato ormai imboccato: non sarebbe mai stato possibile se 800 anni fa, un frate e un sultano non si fossero provvidenzialmente incontrati.